La giornalista russa Marina Ovsyannikova, che l’anno scorso protestò in uno studio tv contro la guerra di Mosca in Ucraina, è stata condannata a otto anni e sei mesi di carcere, in contumacia. La donna infatti si trova in Francia, dove si è rifugiata, con la figlia dodicenne, dopo essere fuggita dagli arresti domiciliari. L’ex redattrice di Channel One è stata ritenuta colpevole di aver diffuso false informazioni sulle forze armate della Federazione Russa.
L'irruzione con un cartello
Nel marzo 2022 la giornalista fece irruzione con un cartello, durante una trasmissione tv in diretta, per protestare contro l’invasione russa dell’Ucraina. La notizia destò grande clamore. Fu arrestata, multata e subito rilasciata, ma per evitare ritorsioni decise di trasferirsi in Europa.
Cosa prevede la condanna
"Tenendo conto della posizione della procura - si legge in una nota ufficiale - il tribunale ha condannato Ovsyannikova a otto anni e sei mesi di reclusione da scontare in una colonia correzionale a regime generale. Il tribunale l’ha anche privata del diritto di impegnarsi in attività legate all’amministrazione di siti web di reti elettroniche o di informazione e telecomunicazione, compreso Internet, per un periodo di quattro anni".
Problemi familiari
Dopo l'irruzione nello studio tv e le conseguenze che ne derivarono, la vita della Ovsyannikova è cambiata profondamente. Non solo per la persecuzione cui inevitabilmente è andata incontro. Suo figlio, infatti, ha rotto con lei e l’ex marito ha avviato una battaglia legale per ottenere l’affidamento esclusivo della figlia minorenne. L'ottobre dell'anno scorso, dopo la fuga dalla Russia, il tribunale ha stabilito che i figli della giornalista debbano vivere con il padre, il giornalista di Russia Today Igor Ovsyannikov.
La donna non si è mai arresa e ha detto a gran voce di voler continuare a parlare e soprattutto a denunciare i crimini della Russia, oltre a voler garantire un futuro migliore (e libero) alla figlia. "Questa volta mi vogliono privare dei diritti genitoriali per la mia posizione contro la guerra. Penso che la mia famiglia in Russia sia stata presa in ostaggio. Non riesco a trovare altre spiegazioni per tutte le azioni che si stanno intentando nei miei confronti. Forse, queste non sono minacce dirette, ma si vuole fare una pressione psicologica più o meno esplicita.
Poco tempo fa, un tribunale russo ha già limitato i miei diritti di genitore, affermando che “i bambini devono vivere con il padre, perché la madre è impegnata in attività politiche”. Ecco perché è difficile comprendere il senso di questa nuova causa, a meno che non si voglia fare una pressione psicologica e intimidire, di conseguenza, tutti coloro che si oppongono alla guerra".
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