Cronaca internazionale

La sfida di Orban: "Non arresteremo Putin"

L'Ungheria non arresterà il presidente russo, Vladimir Putin, se dovesse entrare nel Paese. E questo nonostante Budapest abbia firmato e ratificato lo Statuto di Roma che ha istituito la Corte penale internazionale

La sfida di Orban: "Non arresteremo Putin"
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L'Ungheria di Viktor Orban ha lanciato una nuova sfida all'Europa. Nel caso in cui Vladimir Putin dovesse metter piede sul territorio ungherese, infatti, Budapest ha fatto sapere che non arresterebbe il presidente russo, sul quale pende un mandato di arresto internazionale della Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aja. La posizione del Paese sul tema, in aggiunta ad altre questioni in sospeso - come lo sblocco dei fondi europei e il via libera all'ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato - non fa che incrementare le tensioni con Bruxelles.

La posizione di Budapest

Gergely Gulyás, capo di gabinetto del premier ungherese, Viktor Orban, ha dichiarato ai media locali che l'Ungheria non arresterebbe Putin se quest'ultimo mettesse piede sul suo territorio. Sebbene Budapest abbia aderito alla Corte penale internazionale, ha spiegato Gulyás, il trattato "non è stato ancora promulgato" poiché "contrario alla Costituzione".

Il mandato di arresto, ha quindi aggiunto Gulyàs, è "infelice" perché ostacola ulteriormente la fine della guerra. Secondo un portavoce della Cpi, interpellato dall'Ansa, l'Ungheria ha però "ratificato il trattato nel 2001" e dunque ha "l'obbligo di cooperare con la Corte nel quadro dello Statuto di Roma".

Il mandato di arresto per Putin

Lo scorso venerdì la Cpi ha emesso un mandato di arresto contro Putin accusandolo di crimine di guerra per aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall'Ucraina. Dal canto suo, Gulyas ha dichiarato durante un briefing che non ci sono motivi ragionevoli per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale.

Quando gli è stato chiesto se il leader russo sarebbe stato arrestato se fosse venuto in Ungheria, il capo dello staff di Orban ha spiegato che lo Statuto di Roma non è stato integrato nell'ordinamento giuridico ungherese. "Possiamo fare riferimento alla legge ungherese e sulla base di essa non possiamo arrestare il presidente russo poiché lo statuto della Corte penale internazionale non è stato promulgato in Ungheria", ha affermato.

Il braccio di ferro tra Ungheria e Ue

Il braccio di ferro tra Ungheria e Unione europea, con quest'ultima che ha scelto pressoché in blocco di condannare la Russia per lo scoppio della guerra in Ucraina, si fa sempre più intenso. Come ha riportato Bloomberg, ad esempio, Budapest ha bloccato la pubblicazione di una dichiarazione congiunta dei Paesi membri dell'Ue sul mandato d'arresto spiccato dalla Cpi nei confronti del presidente russo.

Al termine del Consiglio Affari esteri e difesa, svoltosi nei giorni scorsi a Bruxelles, l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, ha pubblicato tale dichiarazione a suo nome, e non intestandola a tutti i 27 Paesi membri come auspicato durante la riunione. In precedenza, i ministri della Giustizia di 26 paesi dell'Ue avevano rilasciato una dichiarazione a sostegno dell'indagine della Corte penale internazionale: anche in quel caso, l'Ungheria non ha siglato il documento.

Altri due temi da considerare, come detto, sono l'ingresso di Svezia e Finlandia sotto l'ombrello protettrice della Nato e lo sblocco dei fondi europei. In merito al primo punto, il governo ungherese deve ancora dare il suo via libera.

Sui fondi, invece, da Bruxelles ripetono che, prima di procedere con la loro erogazione, Budapestr è chiamata ad effettuate le riforme previste dal Pnrr ungherese. Fino a quando l'Ungheria non presenterà "misure che dimostrano il rispetto delle condizioni" poste da Bruxelles per accedere ai fondi europei, "le misure adottate dal Consiglio Ue restano in vigore", ha dichiarato il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer.

Il braccio di ferro continua.

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