
I punti chiave
C’è una casa, a Fall River nel Massachusetts, in cui è avvenuto un brutale duplice omicidio. Quella casa è oggi una sorta di albergo-museo, in cui soggiornare e scoprire la storia di un personaggio statunitense rimasto nell’immaginario collettivo: Lizzie Borden. Ovvero una 32enne che amava gli animali, sognava una vita diversa e ha affrontato un processo proprio per quel duplice omicidio.
L’omicidio
In questa storia c’è una verità e c’è una leggenda. Ma entrambe partono dal numero 92 della Second Street di Fall River, una casa di due piani acquistata dal banchiere e imprenditore Andrew Borden nel 1872. Andrew aveva avuto una prima moglie, Sarah A. Morse, defunta nel 1863, mentre l’uomo, tre anni più tardi, aveva sposato in seconde nozze Abby. Quest’ultima non andava d’accordo con le due figlie dell’uomo: Emma di 42 anni e Lizzie di 32, entrambe “zitelle”, come si diceva all’epoca.
Le due donne maltolleravano non solo la matrigna, ma anche il padre: avaro ai limiti del possibile - nella casa non c’era acqua corrente per risparmiare - iracondo - aveva sterminato i piccioni della figlia Lizzie in un accesso di rabbia dopo che alcuni uccelli erano stati rubati - e soprattutto sordo alle richieste delle figlie, che si sentivano come imprigionate. Nella villetta viveva anche una governante di famiglia, tale Bridget Sullivan.
Il 4 agosto 1892, mentre Emma si trovava fuori città, Andrew e Abby Borden furono uccisi con un’ascia. A trovare il padre fu proprio Lizzie, che lanciò un urlo dopo aver rinvenuto il corpo sanguinante in soggiorno: accorse la governante, che poi uscì di casa rientrando con il medico di famiglia e una vicina. I quali cercarono in casa, trovando in camera da letto il corpo di Abby, anche lei trucidata con la stessa arma. Così Lizzie fu accusata e finì in tribunale.
Il processo
Nel collegio difensivo di Lizzie Borden giocò un grosso ruolo la presenza di un grande avvocato, l’ex governatore del Massachusetts George D. Robinson. La donna aveva raccontato che un estraneo, con tutta probabilità, si sarebbe introdotto nella villetta in pieno giorno, uccidendo il padre e la matrigna. Tuttavia un’ascia ben pulita venne trovata in casa, ma non c’era certezza che fosse l’arma del delitto.
Contro Lizzie Borden c’erano fondamentalmente due grossi indizi. Un vicino l’aveva vista bruciare, in data 8 agosto, un suo abito: lei gli aveva detto di averlo rovinato dopo essersi accostata a della vernice fresca. Inoltre la villetta era fatta in modo che le camere fossero comunicanti e, per entrare in una, bisognava per forza passare in un’altra, poiché non c’erano corridoi: sarebbe stato difficile non notare un eventuale estraneo.
Ma Lizzie Borden era una donna molto stimata nella comunità, almeno prima del processo, perché dedita ad attività caritatevoli. E poi la donna si abbandonò a una reazione attesa, svenendo quando i teschi delle due vittime furono mostrati a processo come prova, dopo essere stati rimossi in sede autoptica. L’intero processo si svolse a giugno 1893 e Lizzie Borden fu alla fine assolta da una giuria di soli uomini. Uscendo dall’aula disse ai giornalisti: “Sono la donna più felice del mondo”.
Un immaginario collettivo
C’è una filastrocca per bambini che incolpa Lizzie Borden del duplice omicidio: “Lizzie Borden prese un’ascia / e diede a sua madre quaranta colpi; / e quando vide cosa aveva fatto / ne diede quarantuno a suo padre”.
Il personaggio è stato al centro di diversi lavori di fiction.
I più celebri sono il film Il caso di Lizzie Borden e la miniserie The Lizzie Borden Chronicles, entrambi interpretati da Christina Ricci. Proprio a questo personaggio sarà dedicata la quarta stagione di Monster su Netflix.