A volte i soldi non bastano. Associated Press ha definito il tentativo di reclutare il pilota personale di Maduro “una saga intrigante che ha tutti gli elementi di un thriller di spionaggio della Guerra fredda”, e in effetti questi elementi da John Grisham ci sono tutti: un agente segreto americano, l’incontro nell’hangar di un aeroporto in un Paese sudamericano che potrebbe essere oggetto di un golpe mosso dall’esterno, un luogotenente del presidente Nicolás Maduro da reclutare e milioni di dollari da consegnare in cambio; magari trasferiti in un conto all’estero, come nei film, o magari in criptovaluta, come nelle trame spionistiche più moderne.
Il piano, rivelato da fonti attendibili, a quanto pare era quello di dirottare Maduro con la connivenza di uno dei suoi, per poi rovesciare il governo di Caracas. Ad architettarlo — forse con l’aiuto della CIA — un ex agente federale statunitense di nome Edwin Lopez, ex membro dei Ranger dell’US Army, poi investigatore del Dipartimento per la Sicurezza Interna ed esperto dei traffici di droga nella regione dei Caraibi, in servizio presso l’ambasciata USA della Repubblica Dominicana. Il fautore di un’operazione segreta fallita per una semplice questione di fedeltà: il pilota, colonnello Bitner Villegas, non ha voluto tradire Maduro, neanche per una taglia di 50 milioni di dollari.
Tutto ha inizio nel 2024 con una soffiata. Un informatore rivela la presenza di due aerei della flotta presidenziale venezuelana presso l’aeroporto di La Isabela, a Santo Domingo, per delle “costose riparazioni”. Il presidente venezuelano avrebbe inviato “cinque piloti” sull’isola per recuperare i jet: un Dassault Falcon 2000EX e un Dassault Falcon 900EX, uno dei quali registrato attraverso una società di comodo nello Stato di San Marino. Non restava che reclutare la figura chiave: il comandante Villegas, pilota abituale del presidente, e convincerlo a “dirottare furtivamente” l’aereo con Maduro a bordo, atterrando in un luogo dove le autorità statunitensi avrebbero potuto catturarlo — di nuovo la Repubblica Dominicana, Porto Rico o direttamente la base militare statunitense di Guantanamo, a Cuba.
Nell’incontro clandestino, avvenuto in un hangar di La Isabela, l’agente americano disse all’aviatore che, se avesse portato a termine il suo compito, “sarebbe diventato un uomo molto ricco”. Si scambiarono i numeri di telefono e l’operazione proseguì sotto i migliori auspici, nonostante il tono freddo del pilota. Sedici mesi di contatto attraverso un’applicazione di messaggistica criptata. Poi, il silenzio. Un piccolo diverbio basato su promesse, velate minacce e uno scambio in cui l’agente americano viene chiamato “codardo” dall’uomo che non vuole diventare un “traditore”. Il numero di Lopez viene bloccato su Telegram e su WhatsApp. Nulla di fatto. Nemmeno dopo un’intimidazione pubblicata su X.
I dettagli del piano sono stati tratti da interviste con quattro fonti diverse: tre attuali ed ex funzionari statunitensi e uno degli oppositori di Maduro che potrebbe essere in contatto con gli apparati di Washington. Tutti hanno parlato a condizione di anonimato “perché non erano autorizzati a discutere dell’operazione o temevano ritorsioni per averla rivelata”, spiega il giornalista d’inchiesta Joshua Goodman su Associated Press.
Questo mese, il presidente Donald Trump ha autorizzato la CIA a condurre operazioni segrete all’interno del
Venezuela, e il governo degli Stati Uniti ha anche raddoppiato la taglia per la cattura di Maduro, accusato di narcotraffico a livello federale. Non sono da escludere altre trame degne di un romanzo che non è ancora stato scritto.