
Yulia Navalnaya, vedova di Alexei Navalny, ha rilanciato sui social una nuova accusa pesantissima: il marito, morto in una colonia penale artica nel febbraio 2024, sarebbe stato avvelenato. In un video diffuso su X, Navalnaya ha raccontato che poco dopo la morte era riuscita a far trasferire campioni biologici del leader dell’opposizione russa all’estero, in laboratori di due diversi Paesi occidentali. Entrambi, in modo indipendente, avrebbero confermato la presenza di sostanze velenose.
We managed to transfer Alexei’s biological materials abroad. Laboratories in two different countries conducted examinations. These laboratories, independently of each other, concluded that Alexei was poisoned. These results are of public importance and must be published. We all… pic.twitter.com/Sp8w1322gY
— Yulia Navalnaya (@yulia_navalnaya) September 17, 2025
Navalny, che aveva già sopravvissuto a precedenti tentativi di avvelenamento attribuiti al Cremlino, stava scontando oltre 30 anni di carcere in una colonia penale situata oltre il Circolo polare artico quando, secondo la versione ufficiale delle autorità russe, si sarebbe sentito male durante una passeggiata. Aveva 47 anni. La notizia della sua morte scatenò proteste internazionali: Joe Biden parlò di evento “scioccante ma non sorprendente”, mentre il Cremlino bollò le accuse occidentali come “isteriche”.
La vedova ha inoltre denunciato che i materiali biologici del marito furono fatti “uscire clandestinamente” dalla Russia e che i risultati delle analisi non sono stati resi pubblici, accusando i laboratori di “piegarsi a Putin” per ragioni politiche. Navalnaya ha chiesto che le relazioni scientifiche vengano diffuse integralmente. Dopo la morte, la famiglia denunciò che il corpo di Navalny era stato trattenuto a lungo dalle autorità e che alla madre e agli avvocati era stato impedito l’accesso.
Solo una settimana dopo fu restituito per i funerali a Mosca, cui parteciparono migliaia di persone. In quei giorni, centinaia di cittadini furono arrestati in tutta la Russia semplicemente per aver deposto fiori in sua memoria.