Il contrabbando 2.0: maxi sequestro di sigarette elettroniche a Lucca

Le Fiamme Gialle – in due distinti interventi – hanno sequestrato 700 milioni di pezzi tra sigarette elettroniche, liquidi e accessori

Il contrabbando 2.0: maxi sequestro di sigarette elettroniche a Lucca
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C’erano una volta gli scafi blu – nel Tirreno e poi nell’Adriatico – e i banchetti con le “bionde” di contrabbando, piazzati per la strada e alla luce del sole. Poi il fenomeno è cambiato, passando per la stretta dello Stato e per manifestazioni clamorose, come lo sciopero dei contrabbandieri napoletani (l’ultimo nel 1994), ma non è scomparso. E, un po’ come il vizio del fumo, si è spostato dalle sigarette tradizionali alle e-cig.

La nascita della versione 2.0 del contrabbando è confermata dai dati e dalla cronaca. L’ultima notizia, per dire, arriva da Lucca, dove le Fiamme Gialle – in due distinti interventi – hanno sequestrato 700 milioni di pezzi tra sigarette elettroniche, liquidi e accessori. Materiale con un valore complessivo di 17 milioni di euro che, se immesso sul mercato, avrebbe fatto evadere imposte per oltre 5 milioni. Per capire l’importanza del blitz, basti pensare che nel primo semestre 2025, a Lucca e in Versilia, erano stati sequestrati in tutto “solo” 100 milioni di prodotti: tanti, ma appena un settimo rispetto all’ultima operazione.

L’organizzazione smantellata contava su una triangolazione di città, con basi di appoggio e depositi tra Lucca, Napoli e Roma. I tre luoghi dove risiedono anche i sei italiani denunciati nel corso dell’operazione, che ha portato a individuare sia le società fornitrici sia l’azienda incaricata della distribuzione sull’intero territorio nazionale. Le e-cig in questione – a differenza di quelle legali – non avevano naturalmente superato alcun controllo di sicurezza, né presso il portale europeo Common Entry Gate, né da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Nel contrabbando 2.0, però, non è cambiato solo il prodotto (oltre a e-cig e liquidi, vanno ancora forte anche cartine e tabacco trinciato): sono cambiati anche i protagonisti. Se un tempo erano i clan locali a gestire l’intera filiera, oggi il contrabbando passa sempre più spesso per canali esteri. Secondo studi recenti, gran parte dei prodotti sequestrati in Italia arriva da network con base nei Balcani o nell’Est Europa, con manodopera italiana attiva nella logistica e nella distribuzione interna.

Il business, insomma, si è aggiornato al nuovo trend. Tra il 2008 e il 2023, i fumatori di sigarette tradizionali in Italia sono crollati dal 30 al 18,7 per cento: un calo del 38%, che si traduce in 6,5 milioni di clienti in meno per le “bionde”. Ma nel frattempo sono arrivati circa 2,5 milioni di svapatori: alcuni esclusivi, altri (il 61,5% nel 2023) duali, cioè fumatori anche di sigarette.

Una platea nuova, giovane e più difficile da intercettare, che alimenta il mercato legale ma anche quello sommerso. Secondo una indagine Ipsos–Logista dell’aprile 2024, il 58% delle vendite online di prodotti da svapo avviene tramite canali illegali, con un danno stimato per l’erario di oltre 200 milioni di euro l’anno.

E a rendere il fenomeno più insidioso contribuisce una regolamentazione percepita come “grigia”. Molti consumatori, soprattutto i più giovani, considerano l’acquisto online di e-cig illegali non un reato, ma una scorciatoia economica. La confusione normativa, con differenze tra i canali fisici e digitali, e la facilità di reperimento su siti esteri o marketplace paralleli, hanno di fatto creato una zona franca dove legalità e fisco evaporano insieme. Come pure la sicurezza. Perché non è solo questione di soldi: a rimetterci è anche la salute.

Un’indagine di Altroconsumo di luglio 2023 ha mostrato come, su 15 e-cig usa e getta acquistate online, ben 10 (il 66%) non avevano l’autorizzazione alla vendita in Italia (anche alcune comprate su un notissimo portale di e-commerce), e 3 (il 20 per cento) avevano un contenuto di nicotina superiore ai limiti di legge. Manco a dirlo, su 4 dei 7 siti utilizzati per il test non era nemmeno richiesta la verifica dell’età del compratore.

Oltre al danno fiscale, insomma, la questione è anche sanitaria. Perché, come si diceva prima, i prodotti illegali eludono del tutto i controlli sul contenuto di nicotina, metalli pesanti o sostanze chimiche pericolose. Mettendo a rischio soprattutto i più giovani.

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