Figlia picchiata e drogata per accettare le nozze: bengalesi fermati dai carabinieri

Padre e madre della vittima dovranno difendersi dall'accusa di maltrattamenti in famiglia e costrizione e induzione al matrimonio

Figlia picchiata e drogata per accettare le nozze: bengalesi fermati dai carabinieri
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Hanno fatto vivere in un incubo lungo quasi un anno la figlia poco più che maggiorenne, con l'obiettivo di costringerla ad accettare le nozze con un uomo più grande in Bangladesh, rinchiudendola in casa, picchiandola e drogandola: i responsabili, il padre di 55 anni e la madre di 42, dovranno ora difendersi dall'accusa di maltrattamento in famiglia e costrizione e induzione al matrimonio. A dare esecuzione all'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, firmata dal gip Raffaele Deflorio, sono stati i carabinieri del nucleo investigativo di Rimini, città in cui risiede la famiglia bengalese.

Per capire cos'è accaduto alla ragazza bisogna ritornare indietro fino al dicembre dello scorso anno, poco dopo il compimento della maggiore età. L'intenzione dei genitori era quella di fare accettare alla giovane, anche con la forza, l'idea di sposarsi con un uomo di 10 anni più grande in Bangladesh, nel più classico dei matrimoni combinati.

Per convincerla a partire padre e madre avevano inventato la storia della nonna gravemente malata, mentre in realtà era stato organizzato un appuntamento con il promesso sposo, un facoltoso uomo del posto. La trappola era scattata poco dopo l'atterraggio a Dacca, quando i parenti le avevano sottratto documenti e carta di credito, controllandone ogni movimento e isolandola dal resto del mondo. Tutto per costringerla a convolare a nozze con l'uomo già scelto dalla sua famiglia, nonostante la 18enne avesse sempre opposto un secco rifiuto essendo peraltro già sentimentalmente legata con un connazionale 23enne residente a Forlì.

A quel punto erano iniziati gli abusi, fatti di aggressioni verbali e punizioni corporali, ma non solo: con l'obiettivo di fiaccare la sua resistenza, i parenti della vittima non avevano esitato a somministrarle dei potenti calmanti. L'assunzione di questi medicinali era proseguita anche dopo le nozze, celebrate il 17 dicembre del 2024, unitamente a un'altra serie di farmaci per favorire la gravidanza.

Per sua fortuna la ragazza aveva trovato in patria l'aiuto di una fidata amica, la quale, d'accordo con lei, aveva acquistato degli anticoncezionali e denunciato la vicenda a una volontaria di un centro anti-violenza in Italia: grazie a questo contatto, il caso era stato presentato ai carabinieri e alla procura della Repubblica. Preoccupati per il fatto che la figlia non restasse incinta, i genitori avevano acconsentito a farla rientrare per qualche tempo a Rimini, nella speranza che il viaggio potesse avere per lei dei benefici.

Ad attendere la famiglia all'aeroporto di Bologna, tuttavia, c'erano gli uomini dell'Arma, che avevano condotto la figlia della coppia in una località protetta.

Nel frattempo padre e madre sono stati accusati di maltrattamenti in famiglia e costrizione e induzione al matrimonio, reati che, per quanto compiuti in parte all'estero, risultano perseguibili in Italia: dopo aver ricevuto l'autorizzazione a procedere dal ministro della Giustizia Nordio, i due genitori sono stati ristretti ai domiciliari e restano in attesa di processo.

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