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Milano, va all’asta il mondo smarrito: mille oggetti dimenticati sui mezzi Atm finiscono all'asta

L’evento, che si terrà a Segrate, permette di aggiudicarsi tutto a prezzi simbolici, offrendo uno spaccato surreale della vita frenetica della metropoli e della memoria materiale dei milanesi

Milano, va all’asta il mondo smarrito: mille oggetti dimenticati sui mezzi Atm finiscono all'asta
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A Milano si corre così in fretta che, a volte, ci si lascia dietro interi pezzi di vita. Ogni anno l’Ufficio Oggetti Smarriti della città sembra trasformarsi in un gigantesco deposito di storie abbandonate, ed è proprio da questo ammasso eterogeneo che nasce una delle aste più curiose e attese dell’inverno. Mercoledì 3 dicembre e giovedì 4, nella sede della Sivag a Segrate, andranno infatti all’incanto mille oggetti dimenticati sui mezzi Atm, nei taxi, nei bar e perfino sulle panchine cittadine. Prezzi di partenza irrisori, da 2 a 10 euro, e battute velocissime: un minuto per ogni lotto, come in una gara contro il tempo.

L’elenco di ciò che i milanesi hanno perso nell’ultimo anno assomiglia più all’inventario di un film surreale che a un catalogo d’asta: biciclette, monopattini elettrici, passeggini, ma anche frullatori, pedane vibranti, trapani, valigie di ogni forma e qualche oggetto difficile da immaginare come dimenticato, ad esempio un paio di sci completi di attacchi o un casco da parrucchiera con set di bigodini.

Due camion pieni di distrazioni

I due camion che hanno scaricato la merce provengono dall’Ufficio Oggetti Smarriti di via Friuli, dove tutto ciò che viene recuperato da Atm e dalla polizia locale finisce in attesa del legittimo proprietario. Trascorsi i termini, e se nessuno presenta reclamo, ciò che resta viene messo in vendita.

Le biciclette sono così tante che sembrano disposte come alla partenza di una gara. I caschi da cantiere, rossi, gialli e arancioni, raccolti in sacchi trasparenti, raccontano di chi si è precipitato a scendere dal tram dimenticando persino l’accessorio che dovrebbe proteggergli la testa. E poi ci sono i trolley: centinaia, svuotati e pronti per essere acquistati a pochi euro, nella segreta speranza di trovarvi all’interno qualche “sopravvissuto” dimenticato dai catalogatori.

Dalle borse di lusso agli oggetti più improbabili

La varietà è sconcertante: borse di Gucci, una sciarpa di Louis Vuitton, smartphone, cuffie, computer, macchine fotografiche, skateboard, racchette da tennis, un tiralatte, perfino due console Playstation. Tra i pezzi più preziosi spicca un orologio d’oro, per cui la base d’asta parte da 750 euro, una cifra che spicca nel mare di piccoli lotti da pochissimi spiccioli.

E poi c’è il già citato “campione dell’assurdo”: un paio di sci. Nessun guanto, nessun cappello. Solo gli sci, abbandonati come se chi li trasportava li avesse lasciati cadere dopo una discesa immaginaria sui tetti del Duomo.

Un’enciclopedia della città che corre troppo

Sfogliando questo catalogo si ha quasi la sensazione di sfogliare un libro antropologico su Milano: aerosol, occhiali, guide turistiche, spadini cinesi, strumenti da lavoro e piccoli oggetti quotidiani compongono un mosaico che parla della città più di tante fotografie.

A coordinare la vendita sarà il direttore della Sivag, mentre l’amministratore delegato Albino Bertoletti promette un ritmo serratissimo: “Mille articoli, massimo un minuto per ciascuno. I rilanci saranno velocissimi”. In sala si attende un pubblico eterogeneo: stockisti pronti a fiutare i pezzi più rivendibili, ambulanti che faranno calcoli a mente, collezionisti alla ricerca del reperto raro e curiosi che osservano gli oggetti come fossero animali esotici in un safari urbano.

Milano e l’arte del dimenticare

In controluce, questa asta racconta qualcosa di più profondo: la frenesia con cui la città vive. Milano è un luogo che cambia tram mentre pensa già alla fermata successiva; entra in un bar carica di borse e ne esce con la mente altrove; si perde in mille impegni e lascia dietro di sé piccoli frammenti della propria esistenza.

E forse, a volte, dimenticare non è solo una distrazione. È un gesto simbolico, inconscio: abbandoniamo ciò che non vogliamo più portarci dietro. Un mazzo di chiavi, una valigia, un ombrello.

In un’epoca in cui delegare la memoria a un dispositivo digitale sembra naturale, siamo noi a ricordare sempre meno. Ma gli oggetti, quelli che lasciamo indietro, restano lì a raccontare una piccola parte di ciò che eravamo quando li abbiamo dimenticati.

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