Cronaca giudiziaria

Per 27 anni lotta per il figlio disabile. Ma perde la causa e paga i danni

La storia di Elena Improta che ha perso una causa civile lunga tre decenni per vedere riconosciuto il presunto danno causato al figlio durante il parto. I giudici le hanno dato torto con sentenza definitiva

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Una storia di dolore e di speranza lunga quasi trent’anni che rischia di trasformarsi in un’atroce beffa per una donna che lotta da sempre per ottenere giustizia. Elena Improta ha perso la causa contro la clinica romana dove partorì trentadue anni fa. Nel 1991 diede alla luce il figlio Mario, gravemente disabile. Al dolore e al calvario di una causa civile durata ben ventisette anni, adesso la donna deve sommare anche il verdetto negativo dei giudici: quasi 300mila euro di spese legali alle quali dovrà provvedere. Per questo ha deciso di fare uno sciopero della fame a oltranza.

L’appello

“Non ho questi soldi, mi resta solo la casa, il solo ossigeno per me e mio figlio Mario”, ha dichiarato Elena Improta lanciando un appello alla clinica e alle assicurazioni dai microfoni del TgR Lazio e dal suo profilo Facebook. La donna si era rivolta alla giustizia nel 1996 “per tutelare il diritto alla vita e al futuro di mio figlio”, ma il tribunale non le ha dato ragione “imponendomi una condanna violenta e inappellabile”. La sentenza, come riporta il quotidiano Il Messaggero, è definitiva.

Il parere dei medici

Eppure, tutti gli specialisti consultati non hanno messo in relazione lo stato di Mario con una possibile malattia rara. “Ciò – ha spiegato la donna – conferma ragionevolmente un nesso tra il parto e la sofferenza ipossico ischemica, ovvero l'assenza di ossigeno”. I giudici del tribunale la pensano diversamente intimandole un maxi risarcimento che rischia di togliere a Mario il suo microcosmo di riferimenti e stimoli, ovvero la casa dove è sempre vissuto. Una vicenda amara che sta trovando solidarietà da più parti.

La solidarietà delle istituzioni

“Elena mi ha raccontato la sua storia di coraggio e di tenacia, in una battaglia che porta avanti da anni a tutela del diritto alla vita e al futuro di suo figlio affetto da tetraparesi spastica, in conseguenza del parto. Ciò lo ha fatto anche attraverso l'associazione ‘Oltre lo sguardo’ da lei fondata”, ha detto Andrea Catarci, assessore al Decentramento di Roma. “Dopo ventisette anni di processo – ha aggiunto – le viene ora chiesto di pagare 300mila euro: una spesa gigantesca e insostenibile. Siamo accanto a Mario e a Elena, che in queste ore ha iniziato lo sciopero della fame, perché l'integrazione e i diritti oltre a essere importanti nella dimensione della vita privata hanno altrettanta rilevanza per l'intera società e per innalzare il livello di civiltà”. L'impegno della donna, infatti, è quello di creare un presente e un futuro migliori non solo per suo figlio ma per chi ha disabilità tali da avere bisogni speciali.

Per questo ha fondato l'associazione “Oltre lo sguardo”, una sorta di co housing disponibile ad accogliere ogni disabile.

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