Cronaca locale

"Ti ammazziamo", assalto a casa del pirata della strada che ha ucciso Chris Obeng

Minacce di morte, pugni e pietre contro l'uscio di casa: "Si trattava di persone adulte", racconta un familiare di Davide Begalli

dal post della Polisportiva Negrar
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"Ti ammazziamo", assalto a casa del pirata della strada che ha ucciso Chris Obeng

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Hanno preso di mira l'abitazione di Davide Begalli, il 39enne di Negrar accusato di aver investito e ucciso il ghanese di 13 anni Chris Obeng senza fermarsi per chiamare i soccorsi: una vera e propria spedizione punitiva nei confronti dell'uomo, messa in atto presumibilmente, stando a quanto riferito da L'Arena, da un nutrito gruppo di individui di origini africane.

L'episodio si è verificato intorno alle ore 18:00 di ieri, martedì 9 agosto, quando una moltitudine di persone ha raggiunto l'abitazione in cui Begalli sta scontando gli arresti domiciliari a Negrar (Verona)."Eravamo in casa tranquilli, quando a un certo punto abbiamo sentito delle persone gridare in strada", racconta al quotidiano veronese un giovane parente del 39enne che si trovava all'interno dell'abitazione in quegli attimi concitati. "All’inizio urlavano e basta", prosegue, "poi sono entrati nel portoncino d’ingresso al piano terra". Non si trattava di poche persone, ma di un gruppo particolarmente numeroso, ricorda il ragazzo, che parla almeno di una trentina di persone."A quel punto hanno salito due rampe di scale e sono arrivati fino al nostro piano", ricorda il giovane. Una volta giunti dinanzi al porta di ingresso all'appartemento,"hanno cominciato a tirare calci, sassi e pugni per provare a sfondarla".

Terrorizzati, Begalli e il parente si sono posizionati davanti alla porta per cercare di ostacolare il tentativo di intrusione degli assalitori."Vista la situazione, abbiamo chiamato i carabinieri e, quando loro hanno capito, sono ridiscesi giù in strada", aggiunge il ragazzo. Tuttavia, prima di dileguarsi nel nulla, hanno urlato minacce di morte nei confronti del 39enne. "Ti ammazziamo', dicevano. 'Ti veniamo a prendere'", racconta ancora il parente di Begalli al giornalista. "Hanno insultato anche me e hanno fatto diversi video con i telefonini, che ora - immagino - inizieranno a circolare sui social. Poi sono scappati via".

Le forze dell'ordine, ovvero un'auto della polizia locale e una pattuglia dei carabinieri, sono giunte sul posto indicato poco dopo. I due hanno raccontato cosa era accaduto. "Si trattava di persone adulte, non erano ragazzini", riferisce il ragazzo."Anche i vicini hanno sentito. Erano tutti in casa e sono anche usciti per cercare di capire cosa stava accadendo".

L'episodio si è verificato il giorno successivo all'interrogatorio di garanzia dell'uomo, il cui contenuto ha fatto discutere. "Ho abbassato lo sguardo un secondo per cambiare stazione alla radio e ho sentito questo colpo", ha dichiarato il 39enne di Negrar al giudice Carola Musio. "Mi sono fermato, sono sceso dall'auto, ma essendo la strada molto buia, non ho visto nulla. Pensavo di aver preso un cartello stradale".

"Dagli accertamenti è emerso che il ragazzo era vestito di nero, anche con le scarpe nere", ha quindi tentato di giustificarsi.

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