Alessia Pifferi: la verità dopo l’estate tra nuove perizie e dubbi sulla capacità di intendere

Solo a fine estate si conoscerà la verità su Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti la sua bambina di 18 mesi, dopo una settimana trascorsa da sola in casa a Milano

Alessia Pifferi: la verità dopo l’estate tra nuove perizie e dubbi sulla capacità di intendere

Solo a fine estate si conoscerà la verità su Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti la sua bambina di 18 mesi, dopo una settimana trascorsa da sola in casa a Milano. La piccola fu ritrovata cadavere dalla madre il 20 luglio 2022, al suo ritorno a casa dopo 6 giorni trascorsi in compagnia del suo fidanzato di allora. Diana era rimasta a casa da sola, senza acqua né cibo, ad appena un anno e mezzo, ed era morta di fame e di sete. Il programma Incidente Probatorio - Cronache d'estate, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, è tornato ad occuparsi del caso, in concomitanza con l'udienza in Corte d'Assise d'Appello a Milano che ha portato alla concessione di una proroga al pool di consulenti nominati per valutare la condizione psichiatrica dell'imputata, già condannata all'ergastolo in primo grado. In collegamento è stata presente anche l'avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi, che ha sottolineato un punto cruciale della sua linea difensiva, ora in corso di valutazione: “Io non credo che Alessia Pifferi abbia un problema psichiatrico, ma penso che abbia un ritardo mentale che ha influito su quello che è accaduto. La Corte ha concesso una nuova perizia psichiatrica perché in primo grado non sono stati analizzati documenti che il perito nominato dalla Procura non aveva trovato. Ora, in secondo grado, sono stati valutati, bene ha fatto la Corte a chiedere un nuova perizia. Alessia Pifferi andava da un neuropsichiatra infantile da bambina, tra i 6 e i 12 anni, bisogna capire perché e se tutto ciò abbia influito. Ora è nominato anche un neuropsichiatra infantile per valutare i disegni di allora e approfondire come stava Alessia da bambina”.

Dopo l'ultima udienza, i consulenti nominati sulle parti hanno chiesto una proroga di 60 giorni, con un nuovo termine per la consegna della perizia al 27 agosto, una nuova udienza fissata al 24 settembre, infine la sentenza che arriverà ad ottobre. “Temevo che sarebbe accaduto – ha aggiunto l'avvocato Pontenani – perché erano 9 professionisti che dovevano organizzarsi per andare in contemporanea a Vigevano in carcere, e per trovare giorni liberi gli ultimi incontri si sono tenuti di domenica”. Secondo il legale dell'imputata, “Alessia pare avere un problema con il tempo, me ne sono accorta parlando con lei in carcere, abbiamo provato a fare i calcoli per capire chi fosse il padre della bambina e non riusciva ad andare troppo indietro con i mesi. È vero, lei è una donna ignorante, priva di cultura, ha solo la terza media, ma credo che abbia un problema con il tempo e che non si sia proprio resa conto del tempo che passava. Tra i test che le sono stati somministrati, lei vede tutto come immagini, semplici fotogrammi, non ha retropensieri. Di donne che uccidono bambini ce ne sono, però il problema è che se avesse voluto davvero uccidere Diana avrebbe potuto fare qualsiasi altra cosa, non lasciarla morire. Lei non voleva lasciarla morire, per Alessia non era un fastidio, tanto la lasciava a casa. È un brutto paragone da fare, ma per lei la bambina era come se fosse una bambola o una pianta. Fondamentalmente, Alessia non è mai stata mamma. Durante il parto, se non ci fosse stato il compagno, la bambina sarebbe morta lì in bagno. Non dimentichiamoci che ha partorito in un water, non si era accorta di essere incinta, non aveva mai fatto un controllo ed aveva 35 anni”.

La morte della piccola Diana, però, poteva essere evitata: “Il problema è che se arriva in ospedale un caso del genere – ha aggiunto l'avvocato Alessia Pontenani – devi fare una vera segnalazione ai servizi sociali. Lì dovevano intervenire subito i servizi sociali. La bambina è nata a Bergamo, è vero, durante l'emergenza Covid. Ma era una bambina prematura, che è stata ricoverata a lungo, e la madre non andava quasi mai in ospedale a trovarla, non hanno fatto nulla. Nella cartella clinica di Diana c'è scritto che la madre non andava, non la allattava, non la cambiava. E nessuno ha allertato i servizi sociali. Dopo si è scoperto che Diana non aveva un pediatra, non aveva la tessera sanitaria, non ha fatto un vaccino, che era praticamente invisibile”.

In questa triste vicenda, si innesta un secondo procedimento che riguarda proprio l'avvocato Alessia Pontenani, indagata per favoreggiamento. Assistita dagli avvocati Corrado Limentani e Gianluigi Comunello, si sta difendendo insieme ad altre 7 persone in udienza preliminare per evitare il rinvio a giudizio: “Sono tranquilla, non ho fatto nulla dal punto di vista deontologico né ho commesso reati. Mi accusano di aver falsificato un test che neanche è stato somministrato, ma ribadisco che non so come falsificarlo. Tra l'altro tutto ciò sarebbe avvenuto prima della mia nomina in difesa di Alessia Pifferi. È un processo antipatico ma, se dovessero condannarmi, smetterò di fare l'avvocato e aprirò un negozio di animali” ha concluso il legale.

Secondo il professor Tommaso Spasari, docente Unicusano di Medicina Legale “nessun avvocato ha competenze tecniche così avanzate da conoscere in maniera tanto approfondita i test mentali da poterli alterare, tranne casi eccezionali di chi abbia una doppia formazione”. Sulla nuova perizia psichiatrica a cui è sottoposta Alessia Pifferi, Spasari ha precisato che “il fatto che una persona che commette dei delitti, anche particolarmente esecrabili, non è detto che sia inferma di mente. In psicopatologia forense non bisogna considerare che si è sempre davanti a patologia psichiatrica. Si deve differenziare i comportamenti anomali da quello che può essere classificato come malattia mentale. Dobbiamo andare a vedere se la persona abbia qualche alterazione o un disturbo di personalità che possa incidere sulla capacità di intendere e di volere.

Altrimenti rischiamo di patologizzare qualsiasi comportamento. Invece, bisogna capire se l'azione messa in campo possa essere un comportamento-sintomo di quella patologia”. La puntata sul caso Alessia Pifferi è disponibile sulla piattaforma Cusanomediaplay.it.

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