"Bossetti è innocente, vogliamo provarlo". La difesa va alla carica

Dodici anni fa la scomparsa di Yara Gambirasio. L'avvocato Claudio Salvagni a IlGiornale.it: "Quei reperti sono la chiave di tutto il processo"

"Bossetti è innocente, vogliamo provarlo". La difesa va alla carica
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Sembra non essersi chiusa ancora del tutto la vicenda giudiziaria di Massimo Giuseppe Bossetti, condannato in tre gradi di giudizio per l’omicidio di Yara Gambirasio. C’è un tassello, tecnico ma cruciale, che manca all’appello: la difesa dell’uomo, rappresentato dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, ha chiesto più volte di esaminare i reperti contenenti il Dna di Ignoto 1, trovato su alcuni indumenti della 13enne. Ma i legali non sono stati messi in condizione di farlo, non ancora almeno.

Yara scomparve da Brembate di Sopra il 26 novembre 2011. Il suo corpo fu trovato tre mesi più tardi in un campo di Chignolo d’Isola: era stata aggredita, colpita e lasciata morire nel campo la notte dopo la scomparsa. A Bossetti si risalì con un’indagine senza precedenti che seguì appunto l’isolamento del Dna di un individuo, chiamato Ignoto 1, su alcuni indumenti della ragazzina. E da lì “il processo a Massimo Bossetti si è svolto praticamente su un’unica prova scientifica”, dice Claudio Salvagni a IlGiornale.it.

Avvocato Salvagni, ci può riassumere il problema relativo ai reperti?

“Il problema dei reperti nasce dal fatto che il processo a Massimo Bossetti si è svolto praticamente su un’unica prova scientifica: l’esame del Dna rintracciato su questi reperti, che la difesa non ha mai potuto né esaminare, né vedere, se esistono addirittura. Non siamo mai stati autorizzati durante tutto il processo a effettuare alcun’analisi. Terminato l’iter, e quindi nel 2018 con la sentenza definitiva di Cassazione, abbiamo appreso che c’erano ancora 54 reperti al laboratorio San Raffaele di Milano. Abbiamo chiesto di esaminarli e il giudice, incredibilmente, ci ha autorizzati”.

E poi?

“Però dal 2019 a oggi è iniziato una sorta di braccio di ferro col tribunale di Bergamo, che invece ha sempre detto che la nostra domanda di conoscere le modalità operative era inammissibile. La Cassazione ci ha dato ragione, ma a oggi i reperti non sono stati autorizzati. Con l’ultima sentenza del maggio 2023, la Cassazione ha detto che il provvedimento del 26 novembre 2019, quello che ci autorizzava alla visione e all’esame dei reperti, era un procedimento intangibile che doveva essere eseguito, sostanzialmente obbligando il tribunale di Bergamo a farci esaminare questi reperti. Però la Cassazione, appunto nella sentenza del maggio 2023, ha commesso un errore: dice che il provvedimento che ci ha autorizzato, ci permette solo di vedere i reperti ma non toccarli”.

In che senso un errore?

“Ha commesso un errore perché in realtà basterebbe leggere il provvedimento, in cui c’è scritto che possiamo esaminarli. Quindi abbiamo fatto un altro ricorso in Cassazione, il settimo, e quindi adesso attenderemo questo provvedimento. Nel frattempo il tribunale di Bergamo ha già fissato l’udienza per farci vedere i reperti, ma abbiamo dovuto chiedere il ritiro di quest’udienza perché vogliamo aspettare la decisione della Corte di Cassazione, prima di venire a vedere i reperti, proprio per capire se possiamo anche esaminarli. E quindi l’udienza è stata rinviata”.

Perché i reperti sono così importanti?

“È semplice. Perché il profilo genetico denominato Ignoto 1, quello che poi è servito per la comparazione e per individuare Massimo Giuseppe Bossetti, è stato estratto proprio da questi reperti. E se noi non li possiamo esaminare, non potremo mai dimostrare, come crediamo, che sia un errore. Quell’individuazione noi diciamo che è sbagliata, per questo abbiamo sempre chiesto di poter esaminare i reperti. Sono la chiave di tutto il processo”.

Ci sono margini per un’eventuale revisione del processo?

“La revisione del processo è possibile se esamineremo questi reperti e, a seguito di quest’esame, verrà fuori che l’identificazione è stata sbagliata, chiederemo la revisione”.

Tante persone credono all’innocenza del suo assistito. Perché a suo avviso?

“Secondo me, la ragione va ricercata nel fatto che il non aver concesso alla difesa di fare questi esami ha lasciato molti dubbi. C’è chi si domanda: ma quell’esame che ha fatto l’accusa è un esame giusto o è sbagliato. È tutto lì il problema: perché se è giusto allora il responsabile è lui, se è sbagliato il responsabile non è lui. E siccome noi abbiamo evidenziato diverse problematiche su quell’esame, ben 261 anomalie, è molto probabile che quell’esame sia sbagliato. E in presenza del dubbio le persone si domandano: stiamo tenendo un innocente in carcere? Tutto qui”.

Come sono le giornate di Bossetti in carcere?

“Il mio assistito è recluso nel carcere di Bollate. Ha un lavoro all’interno della struttura penitenziaria. Fino alle 13 lavora e poi legge e scrive in biblioteca”.

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