
Il 24 agosto, a Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, Leonardo Di Loreto, 27 anni, è stato trovato morto davanti al suo personal computer con una maschera antigas sul volto e una bomboletta di liquido refrigerante in mano. Le ipotesi si sono moltiplicate da subito: un suicidio, una drammatica sfida sui social, ma si pensa anche a un gioco erotico finito male. Il programma Incidente Probatorio, in onda sul canale 122 Fatti di Nera, si è occupato del caso, sospeso tra gesto volontario e gioco mortale. Di sicuro, Leonardo ha trovato la morte in maniera insolita. Il ragazzo, infatti, è stato trovato senza vita mentre indossava una maschera antigas collegata a una bomboletta di liquido refrigerante. Il gas inalato, in ogni caso, è stato decisivo secondo quanto sostiene il medico legale. Erotismo o gesto volontario, attualmente la teoria che sta prendendo più piede secondo la procura è che si tratti di un suicidio, che possa però essere stato provocato, visto che nel fascicolo d’inchiesta il reato è quello di istigazione, sebbene al momento non ci siano indagati.
Da quello che è emerso finora, il giovane Leonardo conduceva una doppia vita su internet e sui social: un “puppy player”, come viene chiamato un appassionato di giochi di ruolo a tema animale in ambienti sadomaso. In precedenza, però, aveva provato a sondare la strada lavorativa del content creator in ambito informatico e tecnologico ed aveva anche un canale YouTube. Amici e conoscenti parlano solo bene di Leonardo: il classico bravo ragazzo, socievole e pieno di vita, che qualche giorno prima della morte stava programmando un viaggio in Germania, dove era già stato diverse volte e dove sognava un giorno di trasferirsi.
“Credo che sia molto improbabile che ci troviamo di fronte a un suicidio vero e proprio – ha spiegato il professor Tommaso Spasari, docente di Medicina Legale all’Unicusano – piuttosto è probabile che il ragazzo volesse sperimentare, perché qualcuno gli avrà detto che inalando quel gas potesse provare un qualche piacere psicotropo. Spesso si verificano avvelenamenti accidentali inalando sostanze, asfissie che fanno mancare l’ossigenazione nei polmoni. Nella bomboletta c’era un gas con funzione propulsiva: composti gassosi tossici che servono per far fuoriuscire il liquido e che potrebbero averlo avvelenato subito, oppure gas inerti come elio e anidride carbonica, che hanno provocato un’asfissia per diminuzione di ossigeno. Bisogna attendere l’analisi tossicologica, ma penso si sia intossicato senza essersene reso conto, come accade con le intossicazioni da monossido di carbonio. È andato incontro a una rapida perdita di coscienza. L’elio, ad esempio, causa un’asfissia indolore e si ha poco tempo per reagire. Spesso, con un’inalazione prolungata, anche rimuovere la maschera può essere insufficiente e alla persona potrebbe essere necessaria ossigenoterapia”.
Secondo il professor Spasari, però, in generale “negli ultimi tempi c’è un’alterata percezione del rischio nell’uso delle sostanze tossiche: alcol, stupefacenti e addirittura sostanze come i gas. E ci troviamo sempre più di fronte ad adulti, anagraficamente, che sottovalutano il pericolo come dei bambini. È fondamentale fare informazione, cercare di spiegare che non è assolutamente vero che si è più resistenti a una sostanza tossica se si è giovani. Esponendosi al veleno per lungo tempo, il veleno vince sempre”.
“Gli elementi disponibili sono davvero pochi – ha detto Stefano Callipo, presidente nazionale dell’Osservatorio Violenze e Suicidi – la verità si potrà scoprire solo andando a scavare nella vita della persona, attraverso quello che emergerà dall’analisi del cellulare sequestrato, che ci dirà se era online. Per arrivare a un suicidio, servono dolore mentale e cluster comportamentali specifici, ma guardando gli elementi a disposizione tenderei più a ipotizzare una morte autoindotta che un suicidio vero e proprio. Sappiamo che aveva già utilizzato quella maschera altre volte, poi esistono giochi particolari, dove spesso il piacere sfugge e si arriva alla morte. Per provare piaceri psichici che portano al limite, anche se escluderei la challenge vera e propria. Il suicidio in senso stretto non si verifica dalla mattina alla sera: si costruisce nel tempo. È importante capire la storia di questo ragazzo, anche se l’aspetto che più emerge è la solitudine. A 27 anni era un giovane adulto, ma era solo al pc. Quando non c’è comunicazione e ci si rivolge ai social, avviene quella amplificazione degli stati emotivi, dunque anche tristezza e solitudine si avvertono in maniera molto più forte del reale. E i genitori in questi casi sono delle vittime. Oggi la post-adolescenza si è prolungata perché internet azzera le età. Non è raro che anche adulti e anziani diventino dipendenti da internet, con conseguenze potenzialmente distruttive. A differenza di altri casi più cruenti, è bene parlare di questo mondo parallelo e virtuale molto pericoloso, chat dove si fanno giochi estremi e dove si rischia la vita”.
Per Mauro Valentini, giornalista e scrittore, “ultimamente questi fatti accadono sempre nella provincia, sembra che i ragazzi ci stiano spiegando che l’interconnessione nei luoghi più piccoli genera un senso di solitudine amplificato. Si è ribaltata la situazione: negli anni scorsi si parlava di alienazione della grande città. Oggi sembra che dentro il piccolo centro i giovani non riescano più a stare, si catapultano dentro la rete chissà dove. Non credo sia stato indotto in una challenge, ma dobbiamo capire se abbia lasciato qualcosa scritto, se effettivamente il pc era spento e non in interazione, se lo abbia spento lui oppure se si sia spento perché scarico, perché questo cambia completamente lo scenario”.
“Le vere risposte per capire cosa sia accaduto – ha aggiunto la giornalista Simona Berterame – arriveranno dai risultati precisi dell’autopsia, ma soprattutto dal contenuto di pc e cellulare.
Il rischio di questa storia è trovare etichette facili: la morte di questo ragazzo non va giudicata, ma va compresa, lì dove il reale si mischia con il virtuale e si confonde, per capire cosa si è inceppato e cosa è andato storto, per evitare che avvenga di nuovo”.