"Emanuela e l'altra 'zozzetta'...": violenza choc sul giornalista che indaga sul caso Orlandi

Colui che avrebbe infangato il nome di Papa Wojtyla avrebbe fatto lo stesso con Emanuela Orlandi: il figlio ha rotto il microfono a un giornalista di "Chi l'ha visto?"

"Emanuela e l'altra 'zozzetta'...": violenza choc sul giornalista che indaga sul caso Orlandi

Un ex appartenente alla Banda della Magliana, poi divenuto collaboratore di giustizia e oggi volontario attivo a favore delle persone con disabilità demolisce le dichiarazioni rese da un uomo vicino a Enrico De Pedis delle quali è entrata in possesso la famiglia di Emanuela Orlandi, scomparsa a 15 anni il 22 giugno 1983.

Le dichiarazioni in questione, raccontate ai media da Pietro Orlandi che nei giorni scorsi è stato ricevuto in Vaticano, hanno sollevato un polverone: il presunto uomo vicino a De Pedis, boss della Magliana detto “Renatino”, avrebbe infatti accusato Papa Giovanni Paolo II di condurre una vita peccaminosa e fuori dai canoni della Chiesa. L’uomo si chiama Marcello Neroni e nel suo audio parla di “Emanuela e quell’altra ‘zozzetta’”, espressione misteriosa - poiché si potrebbe supporre che l’altra ragazza chiamata scurrilmente possa essere Mirella Gregori, adolescente scomparsa anche lei nel 1983. L’inviato del programma Francesco Paolo Del Re ha provato a intervistare Neroni: dopo aver citofonato all’abitazione dell’uomo, è stato raggiunto dal figlio di questi, che dapprima lo ha minacciato di sguinzagliare il cane, e successivamente gli ha rotto il microfono.

Se n’è parlato a “Chi l’ha visto?”, dove appunto è stato ospite Antonio Mancini, ex della Banda della Magliana oggi impegnato nel sociale. “Ci tengo a dire - ha esordito Mancini riferendosi alle accuse all’ex pontefice - che quando ho letto tutte queste cose su Internet, le dichiarazioni del Neroni, la prima cosa che ho pensato è: se questo è il confessore di De Pedis, io sono Gianna Nannini”. Mancini ha anche affermato che le dichiarazioni di Neroni sul Papa sono estremamente fantasiose, ipotizzando l’impossibilità di un “Papa Belushi”, accostando così Wojtyla a John Belushi, attore dalla vita sregolata protagonista di “The Blues Brothers”. Ovvero due personalità lontanissime tra loro.

Mancini ha raccontato di conoscere Neroni dagli anni ’60, da quando Roma era “malavitosa, ma non criminale”. Pare che Neroni, stando alla narrazione di Mancini, fosse dotato di un particolare talento, tanto che sarebbe stato mandato dalla Banda in "missioni" dedicate a minacce ed estorsioni. Però, prosegue Mancini, Neroni “parlava più con le guardie che con i compagni suoi, Renatino lo trattava come un tirapiedi”. Difficile quindi immaginare che fosse un uomo vicino a De Pedis, che tra l’altro lo teneva all’oscuro delle somme da “riscuotere”, come risulta da una documentazione fornita da Mancini.

In studio anche Natalina Orlandi, dispiaciuta per l’attacco al fratello, che in effetti si è limitato a riferire parte della documentazione in suo possesso, documentazione che peraltro è stata consegnata al promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi.

Nessuno si è mai scandalizzato - ha spiegato Natalina Orlandi - quando hanno detto che siamo cresciute in Vaticano perché dovevamo accontentare i prelati interni oppure che mio padre era consapevole di tutto quanto e anche cose peggiori, perché ci hanno detto che era libertà di stampa”.

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