Scena del crimine

Baldwin, Brandon Lee, Fantozzi: quando il cinema diventa un reato

Non solo "Rust": la storia del cinema è piena di vicende di omicidi o incidenti colposi e guai giudiziari. Dalla morte di Brandon Lee all'uccisione della tartaruga in "Cannibal Holocaust"

Alec Baldwin
Alec Baldwin
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La morte corre sulla pellicola. Non nella trama, ma sui set. La vicenda avvenuta durante la lavorazione di “Rust” ne è la prova. L’attore Alec Baldwin è stato infatti formalmente incriminato per omicidio involontario: un colpo con una pistola di scena ha infatti ucciso la cineoperatrice Halyna Hutchins a ottobre 2021, e per questo è stata rinviata a giudizio anche l’armiera della produzione, Hannah Gutierrez-Reid. L’assistente alla regia David Halls aveva già patteggiato invece una condanna alla libertà vigilata.

Questa però non è la prima volta che durante la realizzazione di una pellicola si compie un crimine o un fatto che porta registi, produttori o attori in tribunale. “Nel cinema l’etica deve essere mantenuta”, commenta a IlGiornale.it Mattia De Pascali, regista tra l’altro del film “McBetter”, in cui veniva preconizzato l’orrore dell’alimentazione a base di insetti.

Brandon Lee e gli incidenti sul set

Brandon Lee
Brandon Lee

Probabilmente l’incidente con omicidio involontario più celebre occorso su un set fu quello che portò alla morte Brandon Lee. Nel 1993 Lee era il protagonista de “Il corvo”, con il personaggio di Eric Draven. Mentre girava una scena, fu colpito a morte da un proiettile non privato dell’innesco: a esplodere il colpo era stato l’attore Michael Massee, che interpretava Funboy.

“Può darsi che quello che è accaduto sul set abbia contribuito alla curiosità prima e poi al successo a lungo termine de ‘Il Corvo’ - spiega De Pascali - Brandon Lee interpretava un personaggio dark con un’aura maledetta. La pellicola aveva già le potenzialità di un piccolo cult, ma è diventata iconica anche per questo. E Brandon è diventato un mito come il padre Bruce Lee, anche lui morto durante la lavorazione di un film”.

Un altro celebre incidente fu quello che vide protagonista, nel 1923, l’attrice Martha Mansfield, il cui abito prese fuoco durante la lavorazione di “The Warrens of Virginia”. Un incendio uccise invece ben 62 persone su set della serie indiana “The sword of Tipu Sultan" l’8 febbraio 1989.

Jon Eric Hexum
Jon Eric Hexum

Un altro colpo di pistola uccise invece il 12 ottobre 1984 l’attore Jon Eric Hexum: mentre era in pausa, Hexum finse di giocare alla roulette russa con una pistola di scena, ma lo sparo, benché a salve, generò una pressione tale da far conficcare alcuni frammenti di ossa nel cervello dell'attore. Di incidente sul lavoro, tecnicamente, si trattò invece per Harry O’Connor, stuntman di Vin Diesel in “XXX”. La controfigura si schiantò contro un ponte durante una scena col paracadute il 4 aprile 2002.

Ci fu infine il caso di “Ai confini della realtà”, film a episodi diretti da vari registi. In quello con la regia di John Landis, il 23 luglio 1982, un elicottero con cui si stava simulando la guerra in Vietnam sfuggì al controllo del pilota a causa di una serie di circostanze che Landis richiese per girare la scena. Le pale dell’elicottero decapitarono l’attore Vic Morrow e due bambine tra i figuranti: Myca Dinh Le e Renee Shin-Yi Chen, di 7 e 6 anni.

I film che finirono sotto processo

Barbara Bouchet riceve un bacio da Quentin Tarantino e Joe Dante
Barbara Bouchet riceve un bacio da Quentin Tarantino e Joe Dante

In Italia alcuni film finirono alla sbarra per crimini o presunti tali che sono entrati nella storia del cinema. Forse il caso più celebre è quello relativo a “Non si sevizia un paperino”. A gennaio 1973 il regista Lucio Fulci, il produttore Edmondo Amati e l’interprete Barbara Bouchet furono chiamati in tribunale per dare conto di una scena con contenuti di tipo sessuale, che si riteneva girata da un bambino. In realtà la scena in cui il personaggio-bambino è presente insieme a Bouchet in video è interpretata da quello che divenne noto alle cronache come il nano di Termini, Domenico Semeraro, ucciso poi a Roma nel 1990. Per cui la causa non ebbe seguito penale.

“Fulci - racconta De Pascali - venne chiamato in tribunale per la scena in cui un bambino serve un’aranciata a Barbara Bouchet nuda, ma poi si scoprì che le cose erano andate in modo diverso sul set. Oggi la legge è molto più evoluta e per girare una scena così, con un vero bambino, ci sarebbe un assistente o una figura predisposta a tutela dell’incolumità dell’infante. Certo è che Fulci non era nuovo ai processi per il suo lavoro. L’anno prima che uscisse ‘Non si sevizia un paperino’ fu alla sbarra per ‘Una lucertola con la pelle di donna’. In quest’ultimo film c’era una scena in cui si mostravano cani vivisezionati. Fu imputato perché tutti pensarono che fossero cani veri, ma in realtà, Fulci era un grande amante degli animali e la sua fu solo una finzione scenica: i cani erano pupazzi realizzati dal premio Oscar Carlo Rambaldi”.

Diverso il discorso per “Cannibal Holocaust”, il padre di tutti i cannibal movie e dei “found footage” diretto da Ruggero Deodato. La pellicola fu sequestrata nel 1983 per essere “contraria al buon costume e alla morale”: nel film venivano mostrate le violenze di documentaristi occidentali nei confronti di indigeni, e in una scena veniva uccisa anche una tartaruga. Ci fu un lungo processo (in cui diverse persone coinvolte nella lavorazione furono condannate, tra cui lo stesso Deodato), ma il film tornò al cinema l’anno successivo dopo la sentenza di Cassazione e aver ricevuto il divieto ai minori di 18. Deodato dovette portare anche gli attori in aula, per dimostrare che fossero ancora in vita.

“Trovo un po’ ipocrita puntare il dito su ‘Cannibal Holocaust’ - chiosa De Pascali - Scene con vere uccisioni di animali sono presenti in diversi film, antecedenti ma anche posteriori a quello di Deodato. Di solito gli animali macellati sui set sono quelli che poi vengono mangiati e Deodato non fece eccezione: girò la scena perché la tartaruga doveva essere mangiata. Può apparire cinico, può essere sbagliato, ma avveniva anche in più blasonati capolavori della storia del cinema, non solo horror. Personalmente mi dà un po’ fastidio che si trasformi la morte in estetica, è pur sempre un'uccisione. Da un lato però fu la fortuna di Deodato, in un certo senso, dato che comunque finì in tribunale: per tutti diventò Monsieur Cannibal”.

Attualmente la legge che impedisce che avvengano situazioni simili è l’articolo 544 ter del codice penale. Una piccola curiosità: nel “McBetter” di De Pascali si possono vedere degli insetti che vengono divorati con grande realismo, ma, come per Fulci, anche quello è un effetto di scena elaborato dall’artista Silvia Cappello. Sui set oggi non si può ovviamente molestare neppure una mosca.

Quello che il cinema non racconta per paura di altri reati

Bret Easton Ellis
Bret Easton Ellis

C’è poi un altro fenomeno interessante: quello dei film che non vengono realizzati o vengono tagliati perché raccontano crimini troppo vicini alla realtà o che si teme vengano emulati. Uno dei casi eclatanti è la mai realizzata trasposizione cinematografica di “Glamorama”, romanzo di Bret Easton Ellis.

Il romanzo narra di un gruppo di top model, uomini e donne, che vengono sostituiti da sosia e utilizzati per compiere atti di terrorismo internazionale. Nei primi anni 2000 tutto sembrava pronto per le riprese: il romanzo era stato opzionato dal regista Roger Avary, che aveva girato “Le regole dell’attrazione” sempre tratto da un romanzo di Ellis con molti degli stessi personaggi di “Glamorama”, ma la lavorazione subì molti rinvii. Parte di essi furono dovuti all’attentato alle Torri Gemelle: la tragedia era troppo fresca perché il cinema tornasse a parlare con disinvoltura di terrorismo.

“Il cinema è un media che si diffonde più velocemente di altre arti e attraverso la narrazione veicola un messaggio - conclude De Pascali - Per questo l’etica va mantenuta. Basti pensare che negli anni ’90 fu tagliata una scena di ‘Fantozzi - Il ritorno’, poiché in essa si vedeva Paolo Villaggio lanciare sassi da un cavalcavia: in quel periodo una donna morì proprio a causa di questo crimine, e in segno di rispetto la scena fu eliminata, anche per timore di emulazione. D’altro canto Stanley Kubrick fece ritirare ‘Arancia Meccanica’, perché accusato di un’escalation di violenza all’epoca dell’uscita: la violenza però c’era già, a prescindere dal film.

A volte una pellicola è la radiografia di un dato momento storico, non la causa, altre volte può effettivamente veicolare un messaggio sbagliato, ma comunque non bisogna prendersi tutte le responsabilità del mondo”.

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