Scena del crimine

Quei campi di assassinio in cui nessuno poteva sentire le urla disperate

I Texas Killing Fields nascondono le storie di tante donne uccise: un luogo tanto spaventoso da essere paragonato ai campi dei khmer rossi in Cambogia

I Texas Killing Fields, screen Netflix via YouTube
I Texas Killing Fields, screen Netflix via YouTube
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Campi in cui le urla di strazio non si possono sentire, lontani dagli occhi della legge. Prendono il nome di Texas Killing Fields i 25 acri di terreno che corrono lungo una strada di League City, in Texas, la Calder Road. È qui che sono stati trovati corpi e resti relativi a 25 donne identificate, più altre 10 cui non si è riusciti a risalire al nome, e che ancora oggi sono indicate come Jane e Janet Doe. Si ipotizza che altre quattro ragazze scomparse siano morte e occultate in questo campo.

Perché si chiamano Texas Killing Fields

League City, a cavallo degli anni ’70 e ’80, era una cittadina molto fiorente dal punto di vista economico. Si è a due passi dallo Space Center, a mezz’ora di strada dalla capitale dello stato Houston, e in più era una meta turistica di grido per la presenza di un lago e la vicinanza al mare. Nei primi anni ’80 non era raro che le teenager si spostassero qui per sport acquatici come il surf. I primi corpi vennero trovati nel 1984, facendo sorgere il dubbio che un serial killer fosse in attività. E, nello stesso anno, uscì al cinema un film, Urla del silenzio, il cui titolo originale in inglese era The Killing Fields: parlava di un giornalista rinchiuso in un letale campo di lavoro dai khmer rossi. Questo titolo colpì l’immaginario collettivo dei texani, spiega lo Houston Chronicles, e la stampa chiamò così i campi di Calder Road Texas Killing Fields.

Le vittime

Nove corpi erano già stati scoperti tra il 1971 e il 1973, tutti appartenenti a ragazze giovanissime, di età comprese dai 12 ai 16 anni. Si trattava di Brenda Jones, Colette Wilson, Rhonda Johnson, Sharon Shaw, Gloria Gonzales, Alison Craven, Debbie Ackerman, Maria Johnson, Kimberly Pitchford.

Alla fine degli anni '70 e all’inizio degli anni '80 altri resti furono scoperti: quelli di Suzanne Bowers (12 anni, scomparsa nel ’77 e ritrovata nel ’79), Brooks Bracewell e Giorgia Geer (12 e 14 anni, scomparse nel ’74 e ritrovate nell’81), Michelle Garvey (15).

I casi più celebri però sono appunto quelli di due giovani scomparse tra il 1983 e il 1984. Uno è quello di Heide Villarreal-Fye, di 23 anni: il suo teschio fu riportato sei mesi dopo la scomparsa dal cane domestico di una famiglia che abitava poco distante. L’ultima volta che era stata vista era alla cabina telefonica fuori da un negozio sulla West Main Street. La stessa cabina in cui era stata vista per l’ultima volta anche Laura Miller, di 16 anni. Era uscita per telefonare al fidanzato e invitarlo a un barbecue con i genitori quella sera, ma non ha più fatto ritorno. È stata ritrovata un anno e mezzo dopo, ma il padre continua ad aiutare attraverso tutti gli Stati Uniti le famiglie di ragazze scomparse.

Nel documentario Netflix Sulla scena del delitto: i Texas Killing Fields, l’uomo, che si chiama Tim Miller, ha lamentato presunte leggerezze da parte degli inquirenti. Da un lato, ogni scomparsa come quella di sua figlia sarebbe stata liquidata come allontanamento volontario, dall’altra le forze dell’ordine avrebbero convinto i famigliari delle vittime a non comunicare tra loro. Tim Miller è certo che, se avesse potuto parlare con i famigliari di Heide, trovata alcuni mesi prima della scomparsa di Laura, forse il corpo della figlia si sarebbe potuto trovare prima, dando la possibilità di trovare tracce utili e risalire al colpevole, forse lo stesso, data la dinamica e il luogo della scomparsa delle due giovani.

Le altre vittime identificate tra il 1986 e il 2006 si chiamavano Audrey Cook (30 anni), Donna Prudhomme (34), Lynette Bibbs (14), Tamara Fisher (15), Krystal Baker (13), Laura Smither (12), Jessica Cain (17), Kelli Cox (20), Sarah Trusty (23), Teressa Vanegas (16).

Le condanne

Alcune di queste vittime potrebbero essere state i bersagli di più di un serial killer, per via delle caratteristiche fisiche, dell’età simile e delle circostanze relativa ella loro scomparsa. Purtroppo solo pochi tra questi omicidi sono stati risolti.

Tra i casi risolti c’è quello di Krystal Jean Baker: si è riusciti a risalire, molti anni dopo il ritrovamento del corpo, effettuando un test del Dna sul vestito della giovane, dopo l’arresto per droga di Kevin Edison Smith. Fu trovata una corrispondenza e Smith, alla fine del processo, fu condannato all’ergastolo.

Nel 1987 un uomo, John Robert King si autodenunciò alla polizia affermando di aver ucciso Shelley Sikes dopo averla violentata, insieme a Gerald Peter Zwarst. Tuttavia i due non sono riusciti a indicare il luogo esatto dell’occultamento del cadavere, pur avendo affermato che la ragazza era stata uccisa nei Texas Killing Fields. Sono stati condannati all’ergastolo per rapimento aggravato e sono morti in carcere.

Nel 1997, William Lewis Reece è stato arrestato con l’accusa di rapimento e di tentato omicidio ai danni di una 19enne: condannato a 60 anni, nel 2015, gli venne fatto un test del Dna, che permise di scoprire che era colpevole per l’assassinio di una ragazza ritrovata in Oklahoma. Così Reece ha iniziato a parlare, confessando dapprima l’omicidio di Jessica Cain e Kelli Cox, facendone ritrovare i resti, e successivamente quello di Laura Smither.

È stato condannato a tre ergastoli, una per ognuna delle vittime texane, ma comunque aveva già ricevuto una condanna a morte per la giovane dell’Oklahoma.

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