Il mostro di Merano: Ferdinand Gamper, il serial killer delle montagne

Ferdinand Gamper, l'unico serial killer della storia dell'Alto Adige e quell'affiliazione al gruppo terroristico antiitaliano. Sei vittime in meno di un mese

Il mostro di Merano: Ferdinand Gamper, il serial killer delle montagne

Ferdinand Gamper aveva 39 anni quando divenne l’incubo di Merano, la cittadina dai paesaggi idilliaci situata a nord-ovest di Bolzano, all’inizio della Val Venosta, in Alto Adige. La scia di sangue tracciata dall’uomo costò la vita a 6 persone, lasciando la popolazione altoatesina col fiato sospeso per un mese.

Sei omicidi

L’8 febbraio 1996 una coppia venne trovata assassinata sulla passeggiata lungo il fiume Passirio. Si trattava di Hans-Otto Detmering, sessantunenne e funzionario della Deutsche Bundesbank, e della sua amante, Clorinda Cecchetti. Entrambi erano stati uccisi con un colpo di arma da fuoco alla nuca. Per quanto le forze dell’ordine si fossero impegnate, non erano riuscite a trovare una pista d’indagine convincente. Almeno finché non fu il turno della vittima successiva.

Il 14 febbraio venne rinvenuto il corpo del contadino Umberto Marchioro presso la sua abitazione a Sinigo, una frazione di Merano. Anche lui era stato ucciso con un colpo di pistola, questa volta alla testa e, in seguito alle indagini forensi, era stato possibile verificare che si trattasse della stessa arma da fuoco che aveva ucciso sei giorni prima Detmering e Cecchetti.

Da qui nacque la spaventosa ipotesi: a Merano c'era un serial killer. Il sindaco della cittadina, Franz Albert, arrivò addirittura a consigliare ai suoi cittadini di non uscire di casa, tranne per casi strettamente necessari. Nel frattempo era stato indagato e arrestato Luca Nobile, un imbianchino testimone del primo delitto e sospettato perché aveva fornito una versione incongruente dei fatti, oltre che un identikit che si sarebbe rivelato, in un secondo momento, come falso.

Nonostante l’allarme e l'arresto, il delitto successivo non si fece attendere però per molto. Il 27 febbraio, nella piazza della chiesa, in centro a Merano, venne trovato morto Paolo Vecchiolini. Insieme a lui la fidanzata che, però, urlando a squarciagola e cercando di difendersi, era riuscita a mettere in fuga l’assassino e a salvarsi la vita.

Sarà la sua testimonianza a segnare la svolta nelle indagini. Grazie a lei, i carabinieri riuscirono a realizzare un identikit del serial killer. Luca Nobile, essendo in carcere durante l’ultimo omicidio era stato scagionato e le forze dell'ordine ripresero la ricerca dell’omicida. Questa ebbe presto risultato quando i carabinieri si rivolsero a un barbiere di Merano, Karl Daprà. Amico di Ferdinand Gamper, lo riconobbe subito. “Non ci potevo credere, visto che eravamo andati a sciare insieme proprio il giorno prima. Ero sotto choc”, sarebbe stato il commento del barbiere.

Il 1° marzo venne trovato ucciso Turro Melchiorri, vicino di casa di Gamper. Ormai la pista era diventata chiara, grazie anche al biglietto trovato vicino al corpo: “Sono un italiano emigrato e responsabile di infanticidio”. Arrivati a casa del sospettato la trovarono vuota, tranne che per un ulteriore biglietto: “Viva la grande Germania. Non fermerete l’unione del Pantirol. Anche questa volta siete arrivati troppo tardi”.

Gamper era scappato da casa e si era rifugiato nel suo maso. Raggiunto e assediato dai carabinieri, sparò al maresciallo Guerrino Botte, che morì in ospedale. Poco dopo il ricovero di Botte, si udì uno sparo provenire dall’interno dell’edificio: Gamper si era suicidato.

Una vita da pastore

La caccia all’uomo non si risolse, dunque, in un processo. Dopo la sua morte furono molte le piste battute sul perché Gamper avesse compiuto questi delitti. Tra queste anche la schizofrenia, che però non fu mai diagnosticata, ma anche una vita molto difficile.

Figlio di pastori, era nato nel 1957 e cresciuto in una famiglia povera. Da bambino aveva subito abusi sessuali da parte del padre ed era poi andato a lavorare per un periodo in Svizzera. Tornato, nel 1989 si susseguirono il suicidio del fratello e, poco dopo, la morte del padre.

L’organizzazione terrorista

Quello che però attirò maggiore attenzione e su cui ci si concentrò maggiormente, soprattutto dal “lato italiano”, furono le posizioni antiitaliane e razziste che l’uomo aveva manifestato sin da giovane.

Gamper non parlava italiano e aveva precedenti penali per ubriachezza, oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Ma l’elemento chiave fu la sua appartenenza al gruppo Ein Tirol, organizzazione terrorista di stampo secessionista. I membri si resero protagonisti di diversi attentati in Alto Adige con il fine di distaccare il territorio dall’Italia e rientrare sotto l’Austria, raggiungendo così l’unificazione del Tirolo. A rafforzare la tesi vi fu il fatto che le sue vittime erano tutte italiane; tranne che per il banchiere, del quale venne però ipotizzato che potesse essersi trattata di uno sbaglio da parte di Gamper, avendo ascoltato Detmering parlare in italiano con l’amante.

Chiamato dai media di allora “mostro di Merano”, la faccenda di Gamper segnò la storia della cronaca nera altoatesina, trattandosi del primo, e si spera ultimo, serial killer

della zona. Daprà, uno dei pochi amici dell’uomo che per il resto viveva una vita solitaria, dichiarò: “Andavamo insieme a scuola, mi ricordo che era anche abbastanza divertente. Non me lo sarei mai aspettato”.

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