"Non era uno sciopero della fame". Cosa sta accadendo ad Alessia Pifferi

Non si conoscono benissimo i termini dello sciopero della fame di 3 giorni messo in atto da Alessia Pifferi. La sua legale non è certa che le cose siano andate così

Alessia Pifferi e Alessia Pontenani
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Non si conoscono i dettagli ma rappresenta a suo modo un piccolo giallo il presunto sciopero della fame messo in atto da Alessia Pifferi, condannata in primo grado all’ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana Pifferi di 18 mesi nel luglio 2022. Certo è che la notizia avrebbe ulteriormente incattivito sul tema l’opinione pubblica, da anni sgomenta per le modalità in cui la piccola è morta, da sola in un appartamento di zona Ponte Lambro a Milano, in una delle estati più calde di sempre.

Dopo la condanna all’ergastolo pronunciata lo scorso 13 maggio, Alessia Pifferi è rientrata a San Vittore. Il 19 la donna ha fatto richiesta per un’ora di palestra con attrezzi e un referente, cosa che le viene concessa due giorni più tardi. Ma il 20 maggio Pifferi avrebbe iniziato uno sciopero della fame, interrotto il 23, “per incompatibilità dell’attività fisica rispetto al digiuno”, secondo quanto riporta la documentazione del carcere.

Non è convinta dello sciopero della fame la legale Alessia Pontenani, che a Quarto Grado ha spiegato: “In realtà sciopero della fame è stato definito dall’interno del carcere. Io lo sapevo ma non ho detto niente. Io credo che lei abbia avuto un grave episodio depressivo e quindi non abbia più avuto voglia di nutrirsi. Ora non so, perché non l’ho vista, devo andare domani (oggi, ndr) a San Vittore”.

Inoltre, in base alla documentazione del carcere, non si sarebbero ravvisati in Alessia Pifferi “stati anticonservativi”, ovvero tendenza all’autolesionismo, né “pentimento”. “Io ritengo - ha aggiunto Pontenani, per cui la pena più giusta per la sua assistita in questo caso dovrebbe essere 16 anni - che non si sia resa conto, ma questo perché lo dicono le perizie, le carte che sono state prodotte. Che non abbia consapevolezza di quello che può accadere, del susseguirsi degli eventi, causa e effetto. Cioè bisogna comprendere che cosa si fa. Io credo che lei, in cuor suo, tornando l’avrebbe trovata, così come aveva fatto altre volte. La follia è lasciarla anche due ore una bambina così piccola”.

Intanto Viviana Pifferi, sorella della condannata, ha inviato una foto della piccola Diana al pm Saverio De Tommasi, mutuando un espressione usata dal magistrato nel corso della sua requisitoria, come fosse la bimba stessa

a pronunciarla: “Grazie per avermi accompagnata per mano”. Alessia Pifferi si è mostrata spesso in contrasto con la sua famiglia durante il processo, arrivando anche a puntare il dito contro madre e sorella.

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