Cronaca nera

Omicidio Alice Scagni, il pm chiede l'ergastolo per il fratello Alberto

Secondo l'accusa "l'uomo ha agito con la piena coscienza e lucida intenzione di provocare la morte della vittima". Durante il processo il padre dell'imputato è stato allontanato dall'aula del tribunale

Omicidio Alice Scagni, il pm chiede l'ergastolo per il fratello Alberto

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A pochi giorni dalla sentenza di primo grado, per Alberto Scagni, il 43enne che ha ucciso con 17 coltellate la sorella Alice il primo maggio 2022, sotto la sua casa nel quartiere di Quinto a Genova, il pubblico ministero Paola Crispo ha chiesto l'ergastolo. Il magistrato, nel corso della requisitoria, ha evidenziato l’efferatezza con cui l’uomo ha tolto la vita alla donna, dicendo che “Scagni è stato almeno due ore sotto la casa della sorella e aveva tutto il tempo di desistere. È andato con il coltello nascosto in un sacchetto e l'ha colpita con violenza e grande forza". Proprio sulla base di questa brutalità, il fratello della vittima è accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, crudeltà e dal mezzo insidioso. Per il pm "ha agito con la piena coscienza e volontà, lucida intenzione di provocare la morte della vittima".

In aula non sono mancati attimi di tensione: Graziano Scagni, padre di Alice e Alberto, si è messo a urlare e per questo motivo è stato prima invitato a sedersi e calmarsi, e poi allontanato. È successo quando l'avvocato Andrea Vernazza, che assiste il marito della vittima, ha preso la parola prima della richiesta di ergastolo da parte del pm. Il legale, che ha chiesto una provvisionale di oltre un milione di euro, ha detto tra l'altro che i genitori avevano chiesto di costituirsi parte civile "per aiutare il figlio a non essere punito". A quel punto Graziano Scagni si è alzato in piedi urlando che loro non avevano "mai chiesto l'assoluzione, ma una giusta pena".

Il presidente della corte Massimo Cusatti lo ha prima richiamato per riportarlo alla calma e poi lo ha fatto allontanare dall'aula. L'avvocato Vernazza ha proseguito dicendo che Alberto Scagni è perfettamente in grado di intendere e volere e che "l'epilessia (di cui Alberto soffre da quando era bambino), non può essere curata con le canne e con il vino bianco prodotto e fornito dal genitore".

L'imputato ha allora deciso di parlare per puntualizzare che "la cannabis viene usata a fini terapeutici per la cura dell'epilessia" e che il padre "produce vino rosso e non bianco". Il processo è stato rinviato al 28 settembre quando parlerà la difesa. Il giorno dopo ci saranno le eventuali repliche e, molto probabilmente, la sentenza. Il pubblico ministero ha spiegato che sussistono tutte le aggravanti contestate. Lo scorso 5 settembre, in aula, alcuni vicini di casa di Alberto Scagni avevano raccontato di aver subito molestie da parte dell’uomo dal 2013.

Per la famiglia, Alberto sarebbe incapace di intendere e volere e per questo i genitori chiedono che il figlio venga curato.

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