Gentile direttore Feltri, sono rimasta sconcertata e indignata da ciò che è accaduto a Milano, dove una donna di 43 anni è stata accoltellata alle spalle da un uomo di 59 anni, bergamasco come me. Quest'uomo, come abbiamo letto, aveva precedenti per aggressioni violente ed era stato ospitato in una comunità del Varesotto, da cui però sarebbe stato allontanato di recente perché diventato molesto e ingestibile. E allora mi chiedo, direttore: com'è possibile che una persona con un passato del genere, dichiarata semi-inabile e potenzialmente pericolosa, sia stata semplicemente mandata via da una struttura, senza che nessuno ne controllasse i movimenti? Perché, se era pericoloso per chi viveva nella comunità, non doveva essere libero di girare per le strade di Milano. Quest'uomo avrebbe potuto colpire chiunque, in qualunque momento. Mi domando se ci siano responsabilità da parte della comunità che lo ha allontanato o delle autorità che non hanno vigilato. Possibile che basti diventare molesti per essere espulsi e non segnalati? E che fine ha fatto il principio di tutela della collettività? Per fortuna la donna non è morta, ma resta gravissima. Chi la proteggerà domani da un altro molesto lasciato libero di delinquere?
Susanna Previtali
Cara Susanna,
comprendo la tua indignazione e il tuo sconcerto. Il caso di Milano è l'ennesima dimostrazione di quanto il nostro sistema, inteso come circuito di apparati, sia ormai incapace di difendere i cittadini dai soggetti pericolosi, mentalmente disturbati, poiché si tende a sottovalutare la problematica o a lavarsene le mani, come pare abbia fatto questa comunità di recupero. Abbiamo costruito una macchina burocratica, anzi un carrozzone, che si inceppa, si blocca, ritarda. Ma così non tutela i cittadini. L'uomo che ha accoltellato quella donna non era un fantasma, era noto alle forze dell'ordine, aveva precedenti per aggressioni con coltello, era seguito da strutture e comunità che conoscevano i suoi disturbi e pure la sua pericolosità. Eppure è stato allontanato. Un verbo che, nel linguaggio ipocrita di oggi, significa ce ne siamo liberati. La comunità se ne è sbarazzata, la burocrazia ha chiuso gli occhi, e l'uomo è tornato libero di girare per le strade e di accoltellare, come già aveva fatto anni prima. Ecco il punto: quando un soggetto è ritenuto pericoloso per chi gli sta accanto in comunità, è automaticamente pericoloso per la società intera. Non è che, se lo liberi, guarisce.
Quindi non lo si manda via, lo si contiene, lo si segnala, lo si sorveglia. Se davvero era considerato e diventato minaccioso, e lo era, qualcuno avrebbe dovuto attivare i servizi sanitari o le forze dell'ordine. Invece niente: l'ennesimo scarico di responsabilità, l'ennesimo buco tra un ufficio e l'altro. L'ennesimo cortocircuito.
Così una donna che andava al lavoro, una mattina qualunque, è stata pugnalata alle spalle da uno sconosciuto che non avrebbe dovuto trovarsi lì, ma rinchiuso altrove. Auspico che si faccia chiarezza su questa dinamica, che si indaghi per capire se i responsabili della comunità abbiano o non abbiano segnalato il soggetto prima di sbatterlo fuori probabilmente per salvare loro stessi, ossia chi dentro quella struttura ci viveva. Chi manifesta intenzioni violente e criminali, tanto più se ha dei precedenti, non va fatto accomodare fuori, ma va trattenuto. Qui non parliamo di un uomo che è evaso, scappato, che ha trovato una via di fuga.
Quella donna è viva solamente per miracolo. Teniamolo bene a mente. Questa leggerezza avrebbe potuto avere un epilogo ancora più tragico. Dunque ci sia da monito.
A me pare ormai evidente che un crescente disagio sociale legato a malattie psichiatriche trascurate, sottovalutate o non trattate come si dovrebbe sia alla base di troppi fatti di cronaca che non riguardano e non toccano soltanto le famiglie, lasciate a sbrigarsela da sole, bensì la collettività intera.