Usavano la strategia del «man in the middle», il finto creditore dell'impresa che utilizza tutte le credenziali di quello vero per poi farsi inviare i soldi su un Iban ad hoc.
E così hanno truffato anche l'Opera di Santa Maria del Fiore la Onlus che da 700 anni tutela i monumenti simbolici del cristianesimo fiorentino: per il restauro del Complesso Eugeniano di Firenze, nel 2024 l'Opera aveva infatti effettuato bonifici per 1,8 milioni di euro che però non sono mai arrivati all'impresa creditrice. A intercettarli alcuni membri di un'organizzazione criminale che si sarebbero finti i legittimi destinatari delle somme, fornendo alla Onlus le coordinate bancarie di un conto corrente intestato invece alla banda. È proprio da quella denuncia che a marzo sono partite le indagini della Polizia di Brescia che hanno condotto ieri al fermo di nove indagati per emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio (un decimo indagato è tuttora ricercato in Italia e all'estero). Secondo gli inquirenti in soli sei mesi di attività il giro d'affari ha fruttato trenta milioni di euro. In manette sono finiti i due fratelli bergamaschi Luca e Daniele Bertoli - rispettivamente di 59 e 65 anni - considerati l'anello di congiunzione tra le imprese che chiedono denaro contante e la banda, composta da italiani, cinesi, nigeriani e albanesi. Gli altri arrestati sono infatti Jacopo Antonioli, Antonino De Salvo, Chunhui Hu, Shuzhen Hu, Huihui Hong, Weihong Xu, Denison Hiluku e Abidemi Ouluwatosin Falana. Secondo i pm di Brescia Jacopo Berardi e Flavio Mastrototaro, Luca Bertoli aveva la disponibilità di conti esteri ed era pronto a fuggire dall'Italia: «Sto aspettando il 13 di pagarvi poi scappo, poi me ne vado», si sente dalle intercettazioni. Invece Daniele Bertoli, fidato collaboratore del fratello, dispone di una maggiore capacità di movimento tanto che a lui sono state affidate «sortite all'estero per concretizzare operazioni bancarie con l'appoggio dei conti correnti stranieri, soprattutto in Polonia». Le attività, che potrebbero quindi aver superato i confini italiani, non si fermerebbero alle fatture false. I due intermediari italiani avrebbero anche trovato clienti alla ricerca di contanti e avrebbero messo in contatto gli imprenditori fruitori del servizio con cittadini cinesi. Ieri all'alba le perquisizioni sono state ben 21 soprattutto tra Brescia, Milano e Vicenza per un sequestro totale di circa mezzo milione di euro in contanti. «Quando siamo arrivati in alcune delle loro sedi spiega il questore di Brescia Paolo Sartori , i cinesi hanno tentato di disfarsi del denaro contante gettando addirittura fino a 250mila euro per volta dalla finestra». Tutte banconote, secondo Sartori, destinate a imprese che «avevano difficoltà ad accedere al credito o, generalmente, a ottenere fondi passando dai canali legali».
Il denaro era stoccato quasi del tutto in un appartamento di Milano: da lì partivano anche gli «spalloni» cinesi che portavano i
soldi in auto perlopiù nel Bresciano. Già lo scorso 4 settembre proprio in provincia era stata fermata una cittadina cinese: in auto aveva quasi 200mila euro in contanti nascosti dentro a involucri di plastica termosaldati.