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Ma adesso serve la riforma del Fisco

Mario Draghi non parla, ha scelto così. Ha un'educazione e una consuetudine da banchiere, quelli di cui Cuccia diceva "per noi parlare è peccato mortale".

Ma adesso serve la riforma del Fisco

Mario Draghi non parla, ha scelto così. Ha un'educazione e una consuetudine da banchiere, quelli di cui Cuccia diceva «per noi parlare è peccato mortale». Però, oggi, Draghi non è più banchiere, è il Capo dell'Italia e ci aspettiamo che ogni tanto parli, come ha fatto a Bruxelles per i vaccini. Non solo per annunciare quello che ha fatto, ma per spiegarci quello che intende fare.

Luigi Einaudi, molto diverso da Cuccia, spiegava molto, cercava anche di educare un Paese da ricostruire. E la situazione attuale non è così diversa: l'Italia è un Paese fragile, da ricostruire, come quella del dopoguerra. Della pandemia ci occupiamo tutti e sappiamo molto poco, della nostra struttura socioeconomica sappiamo poco e nascondiamo quello che ci fa inquietare. Però Draghi sa e ha detto nel suo discorso programmatico che bisogna fare una riforma fiscale, il suo ministro Franco ha ripetuto a Bruxelles che il fisco è una delle più importanti emergenze. Perché hanno ben chiaro che la nostra struttura è una piramide rovesciata. Alla base ci sono gli italiani che lavorano e dichiarano il loro reddito, entro 35mila euro l'anno. Quanti sono? 5 milioni, su 60 milioni, e si badi che 35mila euro l'anno non è un reddito da ricchi e che, appena un po' più in su, scattano aliquote che arrivano a prelevare quasi la metà del reddito. Sulle spalle di questi italiani, che pagano per tutti, ci sono gli altri; disoccupati, giovani, evasori, elusori. Molti sono in stato di povertà e vivono di assistenza, molti semplicemente mentono sul proprio reddito e lo aggiustano con un cumulo di detrazioni, moltissimi si arrangiano in nero, altri - soprattutto giovani - vivono in una specie di limbo (né studio, né lavoro) e si appoggiano ai redditi familiari, perfino alle pensioni.

Ho letto un libro di recente, che vi consiglio: l'autore, Francesco Vecchi, conduttore televisivo di buoni studi, definisce già nel titolo questi italiani «Scrocconi», perché vivono alle spalle dei 5 milioni, che io definirei «Facchini», per il peso che sopportano. E proprio questi sono i più interessanti, perché sono il volano e il motore del Paese, ma non possono farcela a sopportare da soli il peso di una piramide che, oltre al normale, deve affrontare un'emergenza sanitaria grave e costosa e avviare contemporaneamente riforme indispensabili per garantire il futuro.

Il problema del governo Draghi è come riunificare l'Italia, o almeno attenuare questa differenza insopportabile e non è possibile solo con la volontà, perché con il suffragio universale i 5 milioni di italiani che sopportano e pagano, se anche si mettessero tutti d'accordo sulle leggi da fare (e così non è), sarebbero sempre una minoranza. Anche gli altri in democrazia hanno diritto di voto e di parola, come se in una famiglia i figli più piccoli, che consumano e non producono, decidessero la spesa per tutti.

Attenzione! Sento già i fischi e le critiche, perfino gli insulti! Classista, vuoi reintrodurre il voto per censo? Proprio no, vorrei una seria riforma fiscale e una, altrettanto importante, della Pubblica Amministrazione. Lo Stato deve darsi in fretta un sistema di redistribuzione più giusto, per proteggere quei 5 milioni che sopportano il peso fiscale e deve fare molta attenzione che il sistema assistenziale non diventi un disincentivo al lavoro in un Paese in cui già si lavora poco.

Sul tema del lavoro si gioca una partita decisiva: l'Italia ha 15 milioni di inattivi, un numero che supera di 4 milioni la media europea. E c'è il rischio che le misure anti Covid abbiano ancor più disaffezionato al lavoro. Se sono così tanti gli italiani che non lavorano, se sono altrettanti quelli che lavorano e non pagano le giuste tasse, come potrà farcela il governo Draghi?

Anche se è stato presentato con un potere di un Messia (sarà perché venivamo da un dominio di incompetenti?), e soprattutto per questo, potremmo aspettarci che, se solo compisse la moltiplicazione dei pesci - i vaccini - ma non quella dei pani - i redditi -, moltissimi italiani griderebbero la loro delusione. Speriamo che non avvenga, ma la fragilità dell'Italia è un rischio fortissimo anche per la salute nervosa del Paese: viviamo le chiusure sull'orlo della depressione e, per le categorie che vivono della presenza di pubblico, è già scattata la sindrome da persecuzione. «Perché noi?» è il mantra di ristoratori, baristi, imprenditori turistici che sono mobilitati ad esercitare pressioni sugli eletti in sede locale, per strappare fondi e autorizzazioni al governo.

Fermare la macchina della protesta, senza il contributo di partiti e sindacati, è inimmaginabile ed anche questo Draghi lo sa bene, vaccinare tutti in poco tempo e riportare al lavoro più gente di prima è indispensabile.

Altrimenti, il declino di un Paese fragile è nei fatti, per questo abbiamo bisogno di un Capo, non solo di uno bravo.

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