Coronavirus

"Santo Stefano, ore 10:00...". Zangrillo e la foto-sfogo in auto

Lunghe code fuori dalle farmacie e una deriva pericolosa per il Paese: Alberto Zangrillo tuona contro i tantissimi tamponi quotidiani

"Santo Stefano, ore 10:00...". Zangrillo e la foto-sfogo in auto

Chiunque nelle ultime settimane sia passato davanti a una farmacia non ha potuto fare a meno di notare le lunghissime code davanti agli ingressi. I tamponi sono stati il pensiero fisso di tantissimi italiani prima di partire per le festività natalizie. I non vaccinati sono stati costretti al test per avere il Green pass e prendere aerei, treni e qualunque altro mezzo per lo spostamento, anche locale. I vaccinati, invece, spinti dalle raccomandazioni di alcuni esperti, hanno deciso di sottoporsi al tampone per escludere la possibilità di contagio.

E infatti negli ultimi giorni il numero di tamponi si è sempre avvicinato alla soglia del milione giornaliero, rimanendo costantemente sopra le 900mila unità. Nemmeno nei giorni di festa le farmacie hanno interrotto l'attività di processamento dei test, sia rapidi che molecolari, ma non tutti gli esperti sono concordi nel proseguire con questa strategia per frenare l'impennata dei contagi. Il professor Alberto Zangrillo, nel giorno di Santo Stefano, ha fotografato a Milano quello che accade in qualunque parte d'Italia, accompagnando lo scatto a una amara riflessione.

Nell'immortalare la coda fuori da una farmacia, Alberto Zangrillo ha aggiunto: "Santo Stefano, ore 10 a Milano. 200 metri di coda per alimentare le casse delle farmacie, il terrorismo giornalistico e certificare la morte del Paese". Parole molto dure quelle di Alberto Zangrillo, che da tempo professa un ritorno alla normalità con l'inizio della gestione della pandemia, uscendo da un concetto emergenziale che sembra essere ormai superato.

Allo stesso modo di Alberto Zangrillo la pensa anche Matteo Bassetti: "Se continuiamo con queste regole, per ogni persona risultata positiva al Covid-19 ci sono 50 persone che devono stare a casa ma ormai, per l'ampia diffusione del virus, il tracciamento non ha più senso". L'infettivologo genovese ha aggiunto: "Dobbiamo smettere di pensare che se qualcuno ha il tampone positivo pensa di essere appena uscito dal reattore nucleare di Chernobyl perchè non è così. Continuando con questa strategia, tra un mese rischiamo di avere l'Italia ferma. Se continuiamo in questo modo a fare tamponi a tutti, anche a chi non sintomi o magari ha un raffreddore, cosa potrebbe accadere il 25 gennaio con magari 1,5 milioni di persone contagiate? Vorrebbe dire avere 10 milioni di persone ferme e in quarantena.

In quel caso chi va a fare il pane, chi guida l'autobus, chi va ad insegnare a scuola? Si rischia di avere un Paese ingessato".

Commenti