Cronache

La comunità ebraica contro il Vaticano per le carte su Pio XII

Il Vaticano apre gli archivi segreti su Pio XII e racconta degli aiuti messi in campo da Pacelli, ma per il rabbino capo Riccardo Di Segni "non ci fu la volontà di fermare il treno del 16 ottobre". Quello che condusse più di mille ebrei romani ad Auschwitz

La comunità ebraica contro il Vaticano per le carte su Pio XII

L'apertura degli archivi del Vaticano che riguardano Pio XII - iniziativa che Jorge Mario Bergoglio aveva disposto proprio un anno fa - ha già prodotto qualche effetto: il rabbino capo Riccardo Di Segni ha dichiarato a stetto giro che "non ci fu volontà di fermare il treno del 16 ottobre". E questo nonostante i documenti resi noti raccontino di come il pontefice eletto nel 1939 sia stato di sostegno a molte persone di fede ebraica.

Quella di Di Segni è la dichiarazione destinata a fare più rumore, almeno nel corso delle prossime ore. Il mezzo citato dal vertice della Comunità ebraica romana è quello tramite cui, nel corso del 1943, i tedeschi deportatono più di mille persone, dopo il rastrellamento messo in atto, due notti prima della partenza, all'interno del ghetto della capitale. Trattasi del cosiddetto "treno della morte", che da Roma condusse al campo di concentramento di Auschwitz. I numeri di quella tragedia sono abbastanza noti: soltanto 16 persone riuscirono all'epoca a non avere la peggio. E tra le varie versioni storiografiche c'è anche quella di chi sostiene che da piazza San Pietro avrebbero potuto fare ben di più per salvare gli ebrei. In specie, nelle 48 ore che separarono la retata dei nazisti dall'inizio del viaggio.

Gli archivi su Papa Pacelli, a mano a mano, diventeranno di pubblico dominio. Papa Francesco, che è per la trasparenza, non ha avuto troppi dubbi sul da farsi con quei documenti, pure perché "la Chiesa non ha paura della storia". Anzi, quando a marzo dello scoro anno, il Santo Padre ha comunicato alla stampa la decisione di togliere il sigillo da quei testi, Francesco ha rimarcato soprattutto l'amore della Chiesa per la storia. Ma le reazioni di Di Segni sono balzate subito agli onori delle cronache.

Stando a quanto riportato da Repubblica, il rabbino italiano ha voluto commentare quanto comunicato in data odierna dalla Santa Sede, argomentando sul "sensazionalismo", che per Di Segni è "sospetto". I fascicoli risulterebbero infatti "già pronti", mentre le "conclusioni" sarebbero "facili" e "proposte sul vassoio". Quasi come se dal Vaticano avessero impacchettato la narrativa prima. Il rabbino, poi, ha chiarito il suo punto di vista: "...basta poco per rendersi conto che già le scarse rivelazioni si riveleranno un boomerang per gli apologeti a ogni costo". Come premesso, dunque, arriva il focus centrale: "Si vede chiaramente che non ci fu volontà di fermare il treno del 16 ottobre e che gli aiuti furono ben mirati a tutela dei battezzati".

Nel corso della giornata odierna, era emerso come Pio XII avesse almeno preso in considerazione - se non aiutato direttamente - la necessità di fornire ausilio a circa 4mila ebrei. La figura di Pacelli, secondo le intenzioni di Jorge Mario Bergoglio, si sarebbe rivelata "nella sua giusta luce". Ma la ferita sembra lungi dal potersi rimarginare con facilità. E i dubbi, a loro volta, sembrano permanere. Il commento finale di Di Segni si presenta come esplicativo, ma non sembra chiudere del tutto ad uno scenario di pacificazione: "Dopo aver detto che ci vorranno anni di studio – ha fatto sapere il vertice della Comunità ebraica di Roma –, ora la soluzione uscirebbe il primo giorno come il coniglio dal cilindro del prestigiatore.

Per favore, fate lavorare gli storici".

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