Nel 2017, Massimo Ruccuia, ex comissario della Croce Rossa, fu assolto dall'accusa di stupro nei confronti di una collega perché "la vittima non urlò", spiegarono i gudici del Tribunale di Torino a margine della sentenza. Oggi, la Cassazione ha accolto il ricorso della Procura Generale: "processo da rifare", scrivono gli ermellini.
I fatti
I fatti risalgono al 2011, anno in cui ebbe inizio il processo ai danni dell'ex commissario della Croce Rossa, Massimo Raccuia, accusato di molestie e stupro nei confronti di una collega. Stando a quanto si apprende da Brescia Today, la donna accusò Raccuia di averla costretta a un rapporto sessuale non conosensiente minacciando che, se si fosse rifiutata o avesse denunciato la vicenda, le avrebbe fatto perdere il lavoro. Nella circostanza specifica, riferisce laRepubblica.it, l'uomo avrebbe aggredito la collega all'interno di una piccola stanza dell'ospedale Gradenigo di Torino utilizzata dai volontari nelle pause di riposo. All'inizio del procedimento, il pm Marco Sanini chiese 10 anni di reclusione per Raccuia ritenendo veritiere le dichiarazioni della vittima. Al termine del processo di primo grado, i giudici del Tribunale di Torino decretarono l'assoluzione dell'imputato in quanto la versione fornita dalla giovane, a dir loro, sarebbe stata "inattendibile". Un collegio di tre giudici donne, presieduto da Diamante Minucci, assolse con formula piena l'ex commissario della Cri.
Dalle motivazioni ai margini della sentenza emerse che Laura - sarebbe questo il nome della vittima - non avrebbe avuto una reazione adeguata alla circostanza. "Aveva detto basta, ma non aveva urlato" - scrissero i giudici -senza tradire emotività". Il collegio giudicante trasmise gli atti alla Procura per avviare un procedimento per calunnia contro la vittima. In appello, la donna era stata riascoltata, aveva confermato tutto ed era stata ritenuta pienamente credibile. Tuttavia, anche dopo aver accertato che la violenza sessuale fosse stata commessa, Raccuia fu di nuovo assolto, per la “non procedibilità” del reato. In buona sostanza, la volontaria non aveva sporto subito denuncia - lo aveva fatto solo in un secondo momento - motivo l'azione penale perdeva ragione d'essere.
"Processo da rifare"
Il sostituto procuratore generale Elena Daloiso, che aveva sostenuto in aula l'accusa contro l'ex commisario Cri, aveva fatto ricorso per Cassazione puntando sul ruolo di "superiore" che Raccuia ricopriva all'interno della Croce Rossa. Nonostante si trattasse di un volontario, un ordine di servizio gli affidava un incarico di organizzazione del lavoro degli altri colleghi, era una sorta di coordinatore regionale, quindi la vittima era, di fatto, una sua sottoposta.
Quest'oggi, la Cassazione ha dato ragione alla procura generale: il processo d'appello è ora da rifare, la querela non è stata ritenuta necessaria e quindi il reato è stato giudicato, in questo caso, procedibile d'ufficio. Il fascicolo è tornato a Torino dove sarà assegnato ai giudici di secondo grado di un'altra sezione rispetto a quelli che si erano già espressi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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