Cronache

Dopo gli attacchi terroristici di Parigi cresce la paura anche in Italia

Dopo la strage in Francia due italiani su tre temono attentati anche da noi. "Allerta elevata", dice il governo. Basterà?

Dopo gli attacchi terroristici di Parigi cresce la paura anche in Italia

Cresce la paura per l'avanzata del terrorismo di matrice islamica, penetrato nel cuore delle nostre città. Hanno ucciso giornalisti e vignettisti, per tappare loro la bocca, hanno massacrato poliziotti, hanno esploso proiettili contro persone inermi, la cui unica colpa era quella di essere andati a fare la spesa in un negozio ebraico. Per 54 ore un piccolo ma ferocissimo manipolo di esaltati ha tenuto sotto scacco la Francia e, nel nome di Allah, ha sfidato l'intero mondo libero. I terroristi di Parigi sono caduti sotto i colpi della polizia, anche se, alla fine, hanno voluto farsi uccidere, preferendo la morte (e nella loro visione distorta il martirio) alla cattura e alla prigione.

Nel sanguinoso attacco al giornale satirico Charlie Hebdo ha colpito il "salto di qualità" fatto dai terroristi, che dagli attentati con gli esplosivi sono passati al blitz, pianificato e messo in atto con precisione militare, per colpire non a casaccio, ma scegliendo bene i bersagli, da eliminare crivellandoli di colpi. Terroristi che si muovono liberamente nel cuore di Parigi e, armati di kalashnikov, fanno fuoco sulla libertà, uccidendo chi aveva osato prendere in giro il profeta Maometto (a dire il vero non solo lui ma anche, solo per fare un esempio, la trinità cristiana). In molti oggi si chiedono: ciò che è accaduto in Francia può ripetersi da noi in Italia? Un sondaggio di Ixè per Agora evidenzia che il 62% degli italiani teme attentati anche nel nostro Paese. Il ministro degli Interni Alfano ha parlato ieri alla Camera, davanti a un'aula semivuota (ai nostri politici piace la settimana corta). Il Viminale ha assicurato la massima vigilanza. Ma ha precisato altresì che, allo stato attuale, non c'è alcun rischio specifico. In molti si chiedono: giusto sbilanciarsi così? Se è successo quello che è successo a Parigi, non sarebbe meglio, da noi, evitare di sentirsi troppo al sicuro?

Alla Camera Alfano ha fatto l'equilibrista tra rassicurazione a allarmismo. Ha detto di aver "disposto l’immeditato rafforzamento dei dispositivi di vigilanza" e che "il monitoraggio degli obiettivi sensibili proseguirà con grandissimo impegno". Massima attenzione è posta non solo a "siti istituzionali e luoghi culto, ma anche sedi di giornali e tv e personalità pubbliche che, in ragione della loro attività politica, potrebbero essere oggetto di attenzioni terroristiche". Inoltre, ha assicurato, "sia le moschee che gli altri luoghi di culto non vengono trascurati nell’analisi di intelligence" e di prevenzione di possibili rischi terrorismo.

Il ministro ha anticipato inoltre che il governo approverà e sottoporrà all’esame delle Camere nuove norme che "guardano alla figura del terrorista molecolare, home made (fatto in casa, ndr), capace di trasformarsi in un’impresa individuale terroristica nel senso che si autoradicalizza e si autoaddestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le istruzioni per l’uso, progetta da solo o comunque senza appartenenza a reti strutturate azioni terroristiche".

Intelligence e vigilanza. Sono queste le due chiavi fondamentali per proteggere il nostro Paese dal rischio terrorismo. Giusto, anzi doveroso non farsi prendere dal panico. Ma è altrettanto doveroso correre ai ripari per evitare di doversi pentire, in futuro, per aver fatto troppo poco. Il salto di qualità cui facevamo riferimento prima (il blitz del commando) ci interroga su un punto: di fronte a un assalto di questo genere un normale servizio di scorta o di vigilanza è sufficiente? Sin troppo facile rispondere di no, anche perché a vigilare su Charlie Hebdo (da tempo sotto minaccia) c'erano due uomini armati, che sono stati massacrati dai terroristi. La difesa deve essere commisurata alla potenziale offesa, altrimenti i rischi sono troppo alti. Questo lo sanno anche al Viminale, ovviamente.

Un altro aspetto ci mette forte apprensione. Come ha scritto ieri il Giornale i comandanti dei due fratelli killer di Parigi avevano frequentato uno moschea di Milano. Chiariamo meglio: gli uomini che hanno reclutato e addestrato Cherif e Said Kouachi avevano bazzicato il centro di viale Jenner. Evidentemente avevano dei contatti con altri musulmani presenti nel nostro Paese. Se è vero, come è vero, che non tutti i musulmani sono terroristi, non è possibile escludere l'esistenza di qualche cellula estremista in sonno nel nostro Paese. Ed è notizia di poche settimane fa che ben tre obiettivi italiani erano stati individuati dall'Isis: Milano, Bologna e Padova. Lo aveva rivelato Mohamed Yassine Mansouri, capo dei servizi segreti del Marocco, svelando che i terroristi erano pronti a colpire la metropolitana di Milano, la basilica di Sant'Antonio a Padova e quella di San Petronio a Bologna. Si trattava di una cellula marocchina, con alcuni fiancheggiatori in Italia. Quegli attacchi, come molti altri, sono stati sventati grazie all'ottimo lavoro dei servizi di intelligence. L'augurio è che il lavoro nell'ombra degli 007 prosegua e che i loro mezzi vengano potenziati. La nostra sicurezza dipende da loro. Poi, ovviamente, serve anche un'opera di "bonifica culturale", prosciugando la palude in cui sguazzano, sfuggenti come anguille, i fondamentalisti islamici. Questo, forse, è il lavoro più difficile.

Ma necessario.

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