Ogni 11 febbraio cade l'anniversario della rinuncia di Benedetto XVI. Sei anni fa, il teologo tedesco si è rivolto ai porporati della Chiesa cattolica, standosene seduto sul soglio pontificio e annunciando, col rigore tipico della lingua latina, la scelta di 'dimettersi' dal pontificato. Da allora in molti si sono interrogati sul perché di quella scelta.
Si passa da chi usa credere alla versione del papa emerito, "ingravescentem aetatem", cioè all'avanzare dell'età che ha reso impossibile la prosecuzione del suo mandato, fatti supportati da uno degli ultimi testi pubblicati, "Ultime Conversazioni" di e con Peter Seewald, all'interno del quale il "pastore tedesco", come amava definirlo certa sinistra pressapochista, svela l'origine remota di alcuni problemi fisici, quale la parziale cecità, che hanno compromesso lo svolgimento naturale dell'esercizio del magistero, alle ipotesi più o meno complottistiche, arrivando a chi sostiene adirittura la sussistenza di un'intromissione degli ambienti neoliberal statunitensi, il famoso "obolo", quale causa scatenante. L'ultima tesi, in ordine di tempo, ipotizza che un ruolo lo abbia giocato la posizione espressa da Benedetto XVI su quello che poi sarebbe divenuto lo scisma ortodosso: il "mite professore" di Tubinga avrebbe favorito la parte moscovita a quella di Costantinopoli, fornendo un assist a Vladimir Putin e questo, a certi progressisti, non sarebbe andato giù. Chi ne vuole sapère di più può leggere l'ultimo libro di Antonio Socci.
Chi, dando credito al fatto che un papa non possa che dire la verità, prende per buone le parole pronunciate all'interno della sala del Concistoro, ricorda pure quanto si vociferava in Vaticano ai tempi: Ratzinger, di ritorno dal suo ultimo viaggio apostolico, si sarebbe reso conto che non avrebbe potuto partecipare alla Gmg in Brasile e per questo motivo si sarebbe convinto della bontà di rinunciare. Monsignor Gaenswein, che nel frattempo è rimasto accanto al papa rinunciatario nonostante sia il prefetto della Casa pontificia, sarebbe stato tra i primi ad accorgersi della volontà del pontefice di 'dimettersi'. Tra le tante interpretazioni date, c'è quella di Rod Dreher, intellettuale americano che in questa intervista rilasciataci a ottobre ha in qualche modo paragonato la scelta di Benedetto XVI a quella di San Benedetto da Norcia: "voltare le spalle a Roma" con lo scopo di traghettare la fede al di là del guado relativista: "Molti cadranno ha detto - ha ricordato Dreher, citando la "profezia" di Ratzinger sul futuro minoritario della fede cattolica, pronunciata prima degli anni 70' - , rimarranno solo i veri credenti. Ma questi veri credenti, che desiderano Cristo più di ogni altra cosa, rimarranno, saranno un segno per un mondo solitario e disperato e saranno i semi del rinnovamento. Sono sicuro che questo è il futuro per noi. La profezia di Ratzinger mi dà speranza, ma non ottimismo".
Questa sul destino del cattolicesimo è una delle riflessioni che vengono condivise con maggiore frequenza. Un'altra è quella sul "diritto a non emigrare".
La visione del mondo di Ratzinger, comunque la si veda, non ha mai perso la sua forza e anzi, nel tempo è stata rafforzata dalle evidenze. Come la nostalgia provata dai tanti fedeli che ancora non si sono fatti una ragione della rinunica del papa conservatore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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