Il Movimento 5 stelle, nato per odio verso la politica tradizionale, è il più vecchio e italiano dei partiti. Prendiamo Luigi Di Maio e la politica dei due forni evocata (e applicata) durante le consultazioni: «Da vero politico italiano, a lui interessava soltanto il potere. Arrivarci da destra o da sinistra, era per lui indifferente». È quanto scrive Montanelli di Benito Mussolini. Ma la citazione si può estendere, fatta la tara delle differenze storiche e di statura dei personaggi, anche a Luigi Di Maio. I grillini si proclamano antipolitici e antideologici e si presentano come forza rivoluzionaria ma pragmatica: «Le pregiudiziali sono maglie di ferro o di stagnola. Non abbiamo la pregiudiziale repubblicana, non quella monarchica; non abbiamo la pregiudiziale cattolica o anticattolica, socialista o antisocialista. Siamo dei problemisti, degli attualisti, dei realizzatori che si raccolgono intorno ai postulati di un programma comune». No, non l'ha detto Luigi Di Maio, che ha una sola pregiudiziale, non ideologica ma ad personam: Berlusconi. Lo ha detto Benito Mussolini, non ancora il Duce ma il leader di un movimento in crescita, che ancora non sapeva dove andare. In alcune posizioni del Movimento 5 stelle, specie quelle sulla scienza, si avverte qualcosa di irrazionale, che trascende le categorie della politica: «Il partito è una forma fissa, con le sue norme e le sue regole, è un sistema ideale fatto reale, è qualcosa che incanala e obbliga il pensiero per certi determinati cammini, e non avanti, avanti (...). La gioventù che si inquadra nel partito - sia esso conservatore o rivoluzionario - è una cosa miseranda.
Diviene vecchia, comincia a darsi delle arie, sostiene sempre lo stesso principio - pur quando più non la persuada - si consuma in litigi ridicoli, in definizioni varie, annichilisce la propria irrequietezza ed il proprio furore ne la monogamia balogia dei politicastri. Il partito è la negazione de la giovinezza». Non è Beppe Grillo ma «Beppe» Bottai, uno dei gerarchi più intelligenti del Regime ancora a venire. Scrive ancora Giuseppe Bottai: «La nostra mente s'immilla: tutti i pensieri penetra, tutte le ideologie ama, tutti gli ideali le sembrano degni di lei. Si concede per un po' a tutte le correnti più varie, più disparate, più antitetiche». Il Movimento si dichiara estraneo alle vecchie categorie di destra e sinistra: «È un po' difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani, socialisti, democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano la sintesi di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni (...) nel fascismo che non ha statuti, che non ha programmi trascendenti, c'è quel più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate». Parola di Benito Mussolini. Spesso, nel richiamo dei 5 stelle all'onestà e alla purezza, si avverte un che di giacobino. Pierre Drieu La Rochelle, in Le radici giacobine dei totalitarismi, enuncia i caratteri principali del movimento giacobino. Al primo posto mette questo: «Si concepisce una dottrina sommaria che si presenta al popolo ridotta ad alcune parole d'ordine ancora più sommarie, brutali. L'essenziale della dottrina giacobina consiste semplicemente in ambito politico nell'autogoverno del popolo, in ambito sociale ed economico nell'abolizione dei privilegi, in ambito religioso nella separazione della Chiesa dallo Stato, nei rapporti con l'estero nella guerra ai re e ai privilegi degli altri paesi». Potremmo proseguire con la tendenza del movimento giacobino a farsi partito unico e a regolare la sua vita interna attraverso cicliche purghe. Oppure su quanto sia ingannevole proclamare una impossibile democrazia diretta sul suolo di una nazione con milioni di abitanti.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.