Coronavirus

Berlino assolta: il Covid arrivato in Italia da Wuhan

Per i ricercatori americani il focolaio tedesco non sarebbe stato la fonte dell’epidemia al Nord

Berlino assolta: il Covid arrivato in Italia da Wuhan

Non sarebbe stato l'ormai celebre imprenditore bavarese a portare in Italia il nuovo coronavirus. L’«assoluzione» arriva da uno studio internazionale pubblicato su Science e guidato da ricercatori dell'University of Arizona, che ha ricostruito il modo in cui il virus è arrivato negli Stati Uniti e in Europa, analizzando e comparando le sequenze dei virus circolanti e realizzando modelli matematici ad hoc. Ebbene, per quanto riguarda il nostro Paese, «contrariamente alle speculazioni, il focolaio tedesco non è stato la fonte dell'epidemia nel nord Italia che si è diffusa in tutta Europa e alla fine a New York e nel resto degli Stati Uniti». «Si tratta di un lavoro molto interessante. È vero che i modelli matematici hanno dei limiti, ma l'analisi delle sequenze punta su una prevalenza dell'origine cinese dell'epidemia in Italia. Consideriamo che i voli Milano-Wuhan spostavano migliaia di persone», commenta all'Adnkronos Salute il virologo dell'Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco. Dunque «in parte una “penetrazione” della linea tedesca c'è stata, ma molto meno rispetto all'arrivo direttamente dalla Cina», aggiunge l'esperto. Per ricostruire lo sviluppo della pandemia, gli scienziati hanno eseguito programmi al computer che hanno simulato l'epidemiologia e l'evoluzione del virus. «Questo ci ha permesso di riavvolgere il nastro e vedere come si è manifestata l'epidemia, più e più volte, e quindi di controllare gli scenari che emergono nelle simulazioni rispetto ai modelli che vediamo nella realtà», ha detto Michael Worobey, dell’University of Arizona, a capo del team di colleghi di 13 istituti fra Usa, Belgio, Canada e Gb. Novità anche per quanto riguarda l'epidemia in Usa. Secondo le prime analisi, un cittadino cinese volato a Seattle da Wuhan il 15 gennaio sarebbe stato il primo paziente negli Stati Uniti a essere stato infettato dal nuovo coronavirus e il primo a cui è stato mappato il genoma di Sars-CoV-2. Questo paziente è stato chiamato WA1. Solo 6 settimane dopo sono stati rilevati diversi casi aggiuntivi nello stato di Washington. «E mentre tutto quel tempo passa, tutti sono all'oscuro e si chiedono “cosa sta succedendo?”, “speriamo che non ci siano nuovi casi”», ha ricostruito Worobey. «Poi diventa chiaro, grazie un notevole programma di campionamento virale della comunità a Seattle, che ci sono più casi a Washington e sono geneticamente molto simili al virus di WA1». Ma allora è tutto collegato a lui? Il team ha testato l'ipotesi che il paziente WA1 avesse dato origine a un cluster di trasmissione che non è stato rilevato per 6 settimane. Ma sebbene i genomi campionati a febbraio e marzo condividano somiglianze con WA1, per gli esperti sono abbastanza diversi da rendere molto improbabile l'idea che WA1 sia stato all'origine dell'epidemia conseguente. I risultati dei ricercatori indicano che il salto dalla Cina agli Stati Uniti probabilmente è avvenuto invece intorno al 1 febbraio.

I risultati mettono anche a tacere l'ipotesi di un'origine canadese dell'epidemia statunitense.

Commenti