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Berlusconi e il berlusconismo

Silvio Berlusconi amava spiegare la politica con degli schemi tracciati con la penna su un foglio di carta bianco

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Silvio Berlusconi amava spiegare la politica con degli schemi tracciati con la penna su un foglio di carta bianco. In uno degli ultimi colloqui che ho avuto con lui descrisse così gli scenari futuri: «Giuseppe Conte in fondo è un buon uomo. Mi ha detto che fino alle Europee andrà da solo, ma poi in un modo o nell'altro dovrà allearsi con il Pd. A quel punto, mettendo insieme quei mondi e tutto il resto, la differenza tra il centrodestra e il centrosinistra sarà di 2, 3 punti al massimo. Bisognerebbe portare da questa parte Renzi, ma è pazzariello. Per cui l'unica strada è rafforzare Forza Italia, aumentare i suoi voti, portarla almeno a due cifre...».

Il Cavaliere diceva di non essere un politico, ma in realtà era diventato un luminare della materia. Guardava sempre più lontano degli altri. Partiamo da un dato per parlare del dopo Berlusconi: il personaggio è inimitabile perché era la somma delle esperienze di una vita eccezionale. Non ci sarà mai un altro Berlusconi. Resta però la sua intuizione politica, quella è ancora valida, anzi c'è chi punta ad esportarla in Europa: un partito che rappresenta un segmento elettorale moderato che guarda a destra, di ispirazione liberale e cristiana, con forti radici europeiste sul solco dei popolari europei, appunto Forza Italia, che si allea con la destra per governare il Paese. Non è poco. Anche perché adesso Forza Italia è indispensabile al centrodestra per imporsi.

Ora, però, la creatura del Cavaliere si trova ad un bivio. La premiership di Giorgia Meloni non è in discussione. Come pure il governo e le alleanze sono punti fermi. Ma in un'Italia senza Berlusconi quale formula può garantire al centrodestra di durare? C'è stata l'ipotesi del partito unico, di un partito Repubblicano, conservatore o qualsivoglia. O ancora c'è la possibilità di una dispersione dei parlamentari di Forza Italia o nelle file di Fratelli d'Italia o della Lega, o in entrambe. In realtà si tratterebbe di un errore per gli azzurri, ma anche per Meloni e Salvini: resterebbe, infatti, sguarnita quell'area moderata, al centro della geografia politica. C'è il rischio che lo spazio di Forza Italia sia preso da altri (Renzi e Calenda sono in agguato). Al contrario, gli alleati dovrebbero garantire e preservare Forza Italia, lasciandola a presidiare quella fascia di elettori.

Contemporaneamente, gli azzurri dovrebbero trasformarsi da seguaci di Berlusconi in interpreti del berlusconismo. Sfida non da poco. Che presuppone un'unità vera del partito. E ancora l'attitudine a dare un senso e un futuro al berlusconismo senza Berlusconi. È già successo in passato con altri statisti che hanno caratterizzato la fase storica di un Paese. Forse il paragone più vicino è quello con il generale De Gaulle: morì De Gaulle, ma non il gollismo. Tutt'altro. La sua visione e il suo elettorato furono rappresentati poi per decenni da personaggi come Pompidou, Chaban-Delmas, Chirac e quell'antipatico di Sarkozy. Il gollismo ha avuto un peso fondamentale nella storia della Francia. Un partito nato da una personalità eccezionale, moderato, con una forte impronta nazionalista e con gli occhi puntati a destra. Insomma, ci sono tante affinità con Forza Italia. Certo il progetto è ambizioso, perché il vuoto lasciato dal Cavaliere è enorme. Ma nella vita nulla è semplice. Basta crederci.

È stata la prima lezione di Berlusconi.

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