"La mia Sharon aveva 18 mesi, il patrigno l'ha stuprata e ammazzata"

Chiede giustizia la mamma di Sharon, la bimba di 18 mesi morta lo scorso gennaio. Il compagno della donna l'avrebbe violentata e uccisa a botte

"La mia Sharon aveva 18 mesi, il patrigno l'ha stuprata e ammazzata"

"Sharon si fidava di Gabriel ma lui l'ha violentata e uccisa". Pretende la verità Silvia Barni, 24 anni, mamma di Sharon, morta a soli 18 mesi dopo ore di sevizie e torture inenarrabili. Gabriel Robert Marincat, operaio romeno di 25 anni, fidanzato della 24enne, avrebbe ucciso a botte la bimba dopo averne abusato sessualmente. In una lettera resa nota dai legali della donna, Lara Citterio e Elisabetta Fontana, Silvia ripercorre con la memoria quel drammatico pomeriggio dell'11 gennaio scorso: "Ti hanno portata via con l'elicottero - scrive rivolgendosi all'amata figlioletta - e dopo qualche ora non respiravi più. Il gelo e il buio sono calati dentro di me".

Silvia Barni e Sharon
In foto, Silvia Barni con la figlia Sharon (Immagine da profilo Facebook)

La tragedia

I fatti risalgono allo scorso 11 gennaio, a Cabiate, in provincia di Como. Silvia Barni, che fa la barista in un locale della piccola cittadina comense, esce per andare al lavoro. Affida Sharon, la figlioletta di 18 mesi avuta da una precedente relazione, alla suo nuovo compagno, Gabriel Robert Marincat. I tre convivono sotto lo stesso tetto da qualche mese ma è la prima volta che Robert e Sharon restano da soli in casa. Durante la breve assenza, Silvia chiama il fidanzato per sincerarsi che la bimba stia bene. Lui la rassicura mostrandole le foto della piccola che, all'apparenza, sembra stia schiacciando un banale pisolino. Ma c'è qualcosa che non convince la giovane mamma: "Sentivo nel cuore che c’era qualcosa di sbagliato e ho insistito ancora per accertarmi delle tue condizioni. Mi è stata inviata una foto e sembravi assopita. - scrive nella lettera pubblicata dal Corriere.it - Ho chiesto ancora spiegazioni e mi è stato detto che non era niente, che ti eri solo fatta un po’ male mentre giocavi". A quel punto, la 25enne chiede a sua madre di andare ad accertarsi delle condizioni di Sharon: è l'inizio di un incubo. "Mi sono allarmata ancora di più e mi è stata mandata un’altra foto dove si vedevano segni sul tuo volto. Mi sono infuriata. - continua - Mi è scoppiato il cuore. I miei dubbi e le mie paure si facevano sempre più grandi e ho chiamato mia mamma perché venisse da te, mia piccola bambina. La tua nonna ha capito subito che stavi male, ha chiamato i soccorsi. Mia bambina". La piccola viene portata in elisoccorso all'ospedale di Bergamo per un gravissimo trauma cranico. Ma nonostante l'intervento tempestivo dei sanitari, e il tentativo in extremis di salvarle la vita, Sharon muore nel giro di poche ore. Dai primi accertamenti risulterà che la bimba è morta schiaccata dal peso di una stufa elettrica. O, almeno, questa è la versione di Gabriel Robert Marincat: "Un incidente domestico", racconta ai carabinieri della Compagnia di Cantù. Ma la verità sottendente quella morte prematura è ben altra da quella riferita ai militari dal 25enne. Ed è a dir poco raccapricciante.

L'orrore sul corpicino di Sharon

Sharon, 18 mesi, è stata picchiata ripetutamente, fino allo sfinimento. Ma non è tutto. L'autopsia eseguita sul corpicino della bimba ha rivelato i segni di un abuso sessuale che si sarebbe consumato qualche ora prima del decesso. Nel mirino del sostituto procuratore di Como, Antonia Pavan, è finito immediatamente Gabriel Robert Maricant. A due settimane dalla tragedia, il 25enne è stato arrestato con l’accusa di maltrattamenti con esito mortale e di violenza sessuale. Un fulmine a ciel sereno per Silvia che di quell'uomo si fidava ciecamente: "La persona con cui da pochi mesi avevo messo su famiglia e che diceva di volerti bene, continuava a ribadire che ti eri fatta male in un incidente domestico — scrive la mamma della bimba —. Nella tragedia si nascondeva invece una crudele, irrazionale, inaccettabile verità. Mia piccola Sharon eri troppo piccola per morire da vittima. È scritto che chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e fosse gettato negli abissi del mare".

Col cuore a pezzi, ora la giovane mamma di Cabiate chiede giustizia per la sua figlioletta: "Non vendetta, ma giustizia", ribadisce. Poi conclude la lettera con un messaggio rivolto alla piccola Sharon, volata in cielo troppo presto: "Resta con me".

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