L'ira dei sanitari: "Mascherine inidonee, inaccettabile"

La protezione civile della Puglia blocca 5 milioni di mascherine perchè considerate inidonee. Paura e rabbia degli operatori sanitari: "non é più accettabile."

L'ira dei sanitari: "Mascherine inidonee, inaccettabile"

Ancora una volta operatori sanitari mandati "al macello" tra le corsie Covid con mascherine "farlocche". Medici, infermieri, Oss hanno lavorato sino a ieri con dispositivi che le Asl hanno distribuito loro. Le stesse protezioni che la protezione civile della regione Puglia ha poi ritirato perché non idonee.

Si tratta infatti di 5 milioni di mascherine (un milione e mezzo di FFP2 e tre milioni e mezzo di FFP3) ritirate dal responsabile della protezione civile della Puglia Antonio Mario Lerario. E in particolare delle dodici tipologie provenienti dalla Cina che sono state consegnate dalla struttura del commissario nazionale per l'emergenza Covid nell'autunno scorso e che adesso sono state catalogate inidonee a proteggere dal Coronavirus.

"Abbiamo riscontrato - ha detto il dottor Lerario a IlGiornale.it - che nell'ampio numero di mascherine che la Puglia riceve costantemente dalla struttura commissariale (sono circa una quarantina i modelli che ci arrivano), ci sono queste dodici tipologie cinesi prive delle certificazioni e delle autorizzazioni nazionali e internazionali". Si tratta di dispositivi che non ha acquistato la Puglia, ma che arrivano dall'ente commissariale e che sono stati impiegati in minima parte proprio perché - come ci dice il responsabile della protezione civile - laddove possibile, si é voluto prediligere altro materiale certificato. Tuttavia le mascherine in questione sono state ricevute, consegnate e distribuite negli ospedali, in quanto il comitato tecnico scientifico le aveva comunque validate.

Il documento di revoca della protezione civile

Dall'autunno ad oggi però, molti medici, infermieri e Oss hanno lavorato convinti di indossare mascherine adatte ed essere protetti da un possibile contagio, salvo poi scoprire sulla confezione la dicitura "Non medical" che ha allarmato.

A stabilire che i dodici modelli cinesi non siano adatti, è stata la Guardia di Finanza di Gorizia che il 3 marzo scorso ha sequestrato in Friuli Venezia Giulia poco più di 2 milioni di mascherine per un totale di nove partite provenienti dal commissario nazionale per l'emergenza Covid, stessi dispostivi che sono circolati anche in altre regioni come la Puglia. Le mascherine avevano palesi difetti benché validate dal comitato tecnico scientifico.

"Hanno lavorato secondo norme di legge", ha sottolineato Lerario a proposito dell'autorizzazione che il comitato tecnico scientifico ha rilasciato. Resta il fatto però, che lo stesso Lerario si è visto poi costretto al ritiro delle mascherine comunicando con una nota del 10 aprile scorso, il blocco immediato. "A seguito di comunicazione perveuta dalla guardia di finanza di Gorizia, relativa al sequesto di DPI risultati non conformi alle normative vigenti- si legge - in ordine ad attività svolte in collaborazione con il Commissario l'emergenza Covid-19 ,con la presente si dispone il blocco immediato dell'utilizzo".

Mascherine no medical

Il ritiro del materiale non metterebbe in difficoltà il sistema distributivo in Puglia. Nell'agosto scorso infatti, il presidente Emiliano inaugurò la prima fabbrica pubblica di mascherine in grado di produrre a regime - come si legge sul sito della protezione civile - trenta milioni all’anno di mascherine chirurgiche (quindici milioni di FFP2 e quindici milioni di FFP3= tutte con marchio CE. La missione dello stabilimento produttivo è quella di fornire dispositivi di protezione, senza sostituirsi alle aziende private, ma come scorta in caso di penuria di mercato. Attualmente lo stabilimento è in grado, secondo il responsabile della protezione civile, di rispondere al fabbisgono con dispositivi regolarmente certificati per un periodo di tre mesi, mantenendo in sicurezza il sistema sanitario.

Nonostante ciò gli operatori sanitari hanno lavorato in seconda e terza ondata con mascherine inidonee, anche se lo stesso Lerario ha ammesso che si prediligeva altro materiale certificato.

"Una cosa simile era già accaduta ad aprile scorso" - ricorda Mario Conca esponente di Italexit e già consigliere regionale - che aggiunge come in realtà della fabbrica pugliese, funziona soltanto uno linea di produzione su quattro, sebbene siano stati investiti e spesi otto milioni e mezzo per realizzare l'attività. "Nel frattempo nessuno - aggiunge Conca - chiarisce al personale sanitario quali mascherine utilizzare."

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