Che dobbiamo dire, solidarietà a Laura Boldrini. Non deve essere divertente per nessuno sentirsi dare della «gran puttana pompinara», della «bruttissima gran troia», con punte tragicomiche tipo «ha cominciato la carriera facendo pompini a Umberto Smaila» e amenità varie. Detto questo, la pubblicazione sul suo profilo Facebook di tutti gli insulti ricevuti rischia di diventare solo un mezzo per dare ulteriore visibilità a gente che non la meriterebbe (gli haters da tastiera, appunto); e soprattutto per ergere se stessa a martire dei social, a paladina dei diritti femminili vilipesa pubblicamente e umiliata nella propria dignità, perché colpevole di essere una politica donna. Sappiamo bene che non è così. Se è per questo, anche Salvini sul suo profilo si sente dire peste e corna dai suoi follower. E questo non ha niente a che fare con il genere sessuale, ma con il ruolo pubblico ricoperto (più sei noto, più è facile che qualcuno voglia riversare il suo odio contro di te, forse per guadagnare di riflesso un minimo di celebrità) e con l'essere un personaggio divisivo (lo è la Boldrini, e lo è sicuramente, sebbene dalla parte opposta, Salvini). Ti amano o ti odiano, se sei così. Poi che a una donna, come offesa, si dica ancora «troia» mentre non si penserebbe mai di offendere un uomo dicendogli «sei un gigolò» ha a che fare con retaggi culturali e storici deprecabili ma difficilmente sradicabili, e che di sicuro niente hanno a che fare con i costumi sessuali di Laura Boldrini. Fatta questa premessa, il punto vero è un altro. Il presidente della Camera e la pubblicazione delle offese a lei rivolte lo conferma ha costruito tutta la sua fama politica e il suo successo mediatico proprio sul fatto di essere insultata. Di lei non si ricordano grandi idee politiche, azioni rivoluzionarie a livello istituzionale, lasciti significativi per il miglioramento del Paese, ma solo le ingiurie che subisce.
Una fama passiva, che lei continua ad alimentare, ergendosi appunto a vittima. Ma che non corrisponde ad alcuna vera opera meritoria. Solo sbrodolate immigrazioniste qua e là, trito e ritrito femminismo snocciolato a ogni occasione, retorica bolsa sulle quote rosa e le desinenze al femminile. Tutto qua. Questo si ricorderà di lei, una volta finita la legislatura e forse la sua carriera politica. Insieme agli improperi che ha subito. Nient'altro.
Se un politico deve essere ricordato solo per gli insulti pronunciati (ci sono alcuni che hanno costruito il loro successo sulle parolacce dette, vedi il Vaffanculo grillino) o su quelli ricevuti, vuol dire che come politico non doveva essere granché. Dietro il turpiloquio niente. Le brutte parole vanno a coprire la mancanza di parole e di idee buone.*tratto dal sito «L'Intraprendente»
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