Le bugie e il fango hanno le gambe corte

La decisione è stata presa. Da mercoledì 3 giugno, l'indomani della Festa della Repubblica, l'Italia riapre tutta e non ci saranno limitazioni per gli spostamenti tra Regioni.

Le bugie e il fango hanno le gambe corte

La decisione è stata presa. Da mercoledì 3 giugno, l'indomani della Festa della Repubblica, l'Italia riapre tutta e non ci saranno limitazioni per gli spostamenti tra Regioni. Il tentativo di isolare il Nord - portato avanti dagli scienziati, parte del governo e qualche governatore sceriffo - non sta in piedi da qualsiasi parte lo si guardi ed è fallito. Come dire: nella buona e nella cattiva sorte, dobbiamo essere un Paese-nazione, non un collage di repubbliche più o meno marinare. Ma soprattutto non ha senso andare oltre nelle limitazioni delle libertà personali e d'impresa, garantite dalla Costituzione alla pari del diritto alla salute.

Onore a chi in questi mesi ha combattuto in prima linea negli ospedali, un ricordo sincero ai tanti che non ce l'hanno fatta, un plauso a quegli amministratori che hanno saputo tenere i nervi a posto e pilotarci fuori dall'emergenza. Ma anche un senso di vergogna per i tanti che nella politica e nel giornalismo hanno provato con gusto ad avvelenare l'aria, con una squallida caccia alle streghe. Soprattutto contro le Regioni del Nord - in primis la Lombardia - a guida centrodestra.

Ci vuole pazienza, ma la verità verrà a galla. E la verità è che tutti hanno dato e fatto il massimo possibile, date le circostanze. Non ci sono in circolazione killer di vecchietti, è solo che il virus ha colpito come una sventagliata di mitra e ci è voluto il tempo di organizzare le difese. Sono stati fatti errori? Certo, a tutti i livelli. E da ieri sappiamo anche chi ha compiuto il più grosso.

Ce l'ha detto la pm di Bergamo che indaga sulla mancata tempestiva attivazione della zona rossa attorno al focolare di Alzano e Nembro, fatto ritenuto tra le cause della propagazione incontrollata del virus. Bene, la magistrata non ha dubbi: la decisione di chiudere tutto non spettava alla Regione Lombardia, ma al governo centrale. Non quindi il governatore Fontana, ma il premier Conte e i suoi ministri (in primis quelli della Salute e dell'Interno) sono da mettere eventualmente sul banco degli imputati.

Il Pd e i Cinque Stelle, che hanno chiesto e ottenuto una commissione d'inchiesta sul «caso Lombardia» (nella loro testa dovrebbe essere una sorta di Norimberga), ora sanno quindi chi mettere sotto torchio e additare come criminali: i loro compagni di partito e di governo.

Se non stessimo parlando della più grande tragedia del dopoguerra verrebbe da sorridere. Vale la massima: le bugie hanno le gambe corte.

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