Cronache

Le bugie della sinistra sulla tassa piatta

La sinistra ha le sue roccheforti nei quartieri benestanti delle grandi città. Ecco quali interessi vogliono tutelare

Le bugie della sinistra sulla tassa piatta

L'onorevole Yoram Gutgeld ha tutta la nostra comprensione. È chiaro che in campagna elettorale l'esigenza di conquistare il consenso o, per alcuni, di difendere quel che resta del proprio consenso fa premio su ogni altra considerazione. L'Istituto Bruno Leoni e con lui Nicola Rossi non si candidano a nulla: possiamo quindi evitare di rinunciare al buon senso.

Quando si discute di flat tax, stupisce come anche persone molto avvertite fatichino a comprendere il principio della deducibilità per deduzione. Molto semplicemente: non è vero che con una aliquota flat gli individui pagherebbero in tasse il 25% dei propri redditi. La proposta avanzata mesi fa dall'Istituto Bruno Leoni prevede l'esistenza di una quota esente. L'aliquota «fissa» si applica alla differenza fra il reddito e la quota esente. Immaginiamo che la quota esente sia di 11mila euro, e una persona ne guadagni 13mila. Non pagherà il 25% di 13mila, bensì il 25% di 2.000 (reddito-quota esente). Nella nostra proposta, la quota esente è inoltre calcolata attraverso parametri che ne consentono l'aggiustamento sulla base della distribuzione geografica (perché il costo della vita al Sud e al Nord è diverso) e delle dimensioni del nucleo familiare.

Merita di essere sottolineata poi un'altra questione. Non è obbligatorio conoscere la differenza fra equità verticale (a diverse capacità contributive devono corrispondere diversi oneri tributari) ed equità orizzontale (a identiche capacità contributive anche se di diversa fonte devono corrispondere uguali oneri tributari) ma non è nemmeno vietato documentarsi al riguardo. Ed è soprattutto (ma non solo) sul secondo punto che emerge la natura equa della flat tax.

La coalizione per la quale si candida Gutgeld in questi ultimi anni ha contribuito significativamente a moltiplicare le imposte «piatte» (con aliquota, si noti, vicina all'aliquota più bassa prevalente sui redditi da lavoro) su redditi che tipicamente riguardano i più abbienti: dalle rendite immobiliari alle partecipazioni azionarie. L'accusa di «aiutare i ricchi» suona, su alcune bocche, un po' curiosa.

Sul fronte delle coperture, poi, la proposta Ibl indica le fonti di copertura ed è stata pensata, coerentemente con lo spirito di un Istituto che pone da sempre il tema della sostenibilità delle spese pubbliche (non solo in campagna elettorale), rigorosamente in pareggio di bilancio. Più in generale, appare un tantino audace sottolineare il tema delle coperture da parte dell'esponente di una coalizione che ha portato dal 2014 al 2017 l'avanzo pubblico primario (corretto per il ciclo) dal 3,6% all'1,7% del Pil.

La realtà è semplice: come testimonia anche il programma elettorale del partito nel quale Gutgeld milita, a Gutgeld l'attuale sistema fiscale tutto sommato non dispiace. Infatti non si propone di cambiarlo più di tanto: se non attraverso altre iniziative ad hoc che hanno forse l'effetto di rassicurare alcuni gruppi di elettori ma che non incidono sull'architettura di un sistema troppo esoso e complesso per un Stato al servizio dei suoi cittadini ma perfetto per uno che ci considera tutti sudditi.

Quali siano questi gruppi politici, decida il lettore. Certo è che l'estrema complessità del sistema attuale è più tollerabile proprio da parte di chi ha più risorse a disposizione: consulenti, complesse strutture societarie e quant'altro.

Forse vale la pena por mente al fatto che nelle ultime amministrative il centrosinistra abbia trovato le sue roccheforti nei quartieri più benestanti delle grandi città, per capire quali interessi sono tutelati dalla mera difesa dello status quo.

Commenti