Guerra in Ucraina

Un leader vuoto che attrae gli avversari: quell'incomprensibile fascino di Conte

Letta non lo ama ma gli perdona tutto. Salvini l’ha osteggiato ma adesso cerca la sua sponda

Un leader vuoto che attrae gli avversari: quell'incomprensibile fascino di Conte

Attrazione verso il vuoto, la si potrebbe chiamare così. La capacità di Giuseppe Conte di trovare alleati è un mistero politico. Non si spiega solo con il suo carattere, con quell'aria di chi in apparenza non ha spigoli, con la vocazione dorotea o con la diplomazia della pochette. Enrico Letta ha inaugurato la sua segreteria scommettendo su di lui, costruendo la strategia del «campo largo» della sinistra sulla sua figura. Il Pd, con Zingaretti, lo aveva difeso a Palazzo Chigi al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il caso più strano, però, è un altro, perché se c'è qualcuno che subisce ciclicamente la seduzione dell'improbabile avvocato del popolo è Matteo Salvini. È un'onda che va e torna. Si sono trovati a governare insieme. Conte come garante di un patto tra due partiti che non avrebbero dovuto avere nulla da dirsi. Il suo nome era spuntato a sorpresa dal cappello dei Cinque stelle, come una sorta di notaio, come il garante di un'avventura spericolata. Conte doveva essere una sagoma di cartone, ma alla fine è riuscito a spiazzare Salvini e Di Maio. Quella partita spezzata con la crisi di governo passata alla storia come l'estate del Papeete ha avuto proprio Conte come vincitore. Salvini si è ritrovato sotto processo, tradito e i due, per un periodo, sono apparsi come nemici irriducibili. Quando però a Palazzo Chigi è arrivato Draghi qualcosa è cambiato.

Salvini e Conte un po' alla volta sono tornati a occhieggiarsi, qualche volta giocando perfino di sponda, incarnando il ruolo di voce critica all'interno della maggioranza, quelli che stanno al governo perché non si può fare altrimenti, ma non prendono la tessera del «draghismo». Tutto questo con la guerra in Ucraina è diventato ancora più evidente. Non sono alleati, non si riconoscono in una coalizione, ma si sono accorti di poter essere utili l'uno all'altro. Di certo c'è che in questo momento stanno pescando in bacini elettorali contigui. È come se uno non volesse trascurare l'anti atlantismo di destra e l'altro scommettesse con forza sull'anti atlantismo di sinistra. I due laghetti si toccano.

Salvini al Senato ha percepito il senso di vuoto che circondava il governo. È così che all'inizio ha applaudito Draghi: «Grazie per le parole di pace pronunciate a Washington». Poi però lo ha rimproverato per scarsa personalità: «Qualcuno prima di lei, in politica estera ha osato, Craxi, Moro, Prodi, Berlusconi, l'Italia veniva prima di altri e prevedeva come uscire dal conflitto».

Le accuse più forti sono però arrivate contro Luigino Di Maio, il rivale di Conte nei Cinque stelle. Salvini ne ha parlato come un pericoloso sprovveduto. «Se vuoi dialogare con qualcuno e gli dai del cane, è difficile che poi si sieda a parlare con te». Il ministro degli Esteri viene insomma indicato come uno dei guastatori della pace. È un favore indiretto a Conte. È il segno che Salvini nella faida grillina non simpatizza affatto per Di Maio. È una convergenza tattica con Conte nelle turbolenze della maggioranza. Draghi se ne è accorto e come si vede non ha affatto gradito, tanto da non escludere la fine anticipata della legislatura. Le mine sul tracciato del governo cominciano a essere tante, come quel ddl concorrenza su cui giovedì il Consiglio dei ministri ha proposto la fiducia. Si voterà in Aula entro maggio.

Conte è tutti e nessuno. È la sua abilità pirandelliana. A renderlo forte sono però quelli, fuori dal suo partito, che in qualche modo finiscono per legittimarlo. È così che resta a galla. Salvini ci fa sponda e Letta, severo con tutti, continua ad assolverlo da ogni peccato.

Vittorio Macioce

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