Coronavirus

Attese infinite, jingle, silenzi: la giungla dei numeri regionali

Abbiamo chiamato i numeri per l'emergenza di Regioni e Ministero: sapere cosa fare in caso di sintomi è impossibile

Attese infinite, jingle, silenzi: la giungla dei numeri regionali

Il 27 febbraio 2020, il ministro della Salute Roberto Speranza ha istituito il numero unico nazionale per l'emergenza sanitaria 1500, quello che sul sito del dicastero viene indicato come "di pubblica utilità". Al fine di agevolare il monitoraggio dell'epidemia in maniera più capillare sull'intero territorio sono stati poi attivati dei call center regionali a cui il cittadino avrebbe potuto rivolgersi per richiedere informazioni, sia di carattere generale che sanitario, sul coronavirus.

Un'iniziativa senza dubbio encomiabile quella promossa dai vertici di Lungotevere Ripa ma che, ad oggi, si rivela un mezzo flop. Se non fosse, infatti, per la disponibilità e cortesia degli operatori arruolati, tutto si potrebbe dire tranne che la trovata sia sta risolutiva nella risposta meramente assistenziale alla pandemia. Anzi, è un disastro su tutta linea. Pur concedendo ogni possibile beneficio del dubbio – e di ampio margine di errore – nella prima ondata, quando del virus non si aveva altro che una comprensione sommaria, adesso si fa davvero fatica a capire il motivo per cui questi numeri non siano più sponsorizzati come qualche mese fa, allorquando rimbalzavano sotto i nostri occhi tra spot alla tivù e annunci social a tutte le ore del giorno. Insomma, sono ancora attivi? Funzionano? A cosa possono essere utili? La redazione de IlGiornale.it ha provato ad andare a fondo della questione contattando uno ad uno i recapiti telefonici elencati sul portale ministeriale. Ecco il risultato dell'esperimento.

L'indagine

Una premessa è d'obbligo. L'indagine è durata 24 ore spalmando le telefonate in un arco temporale ampio, ovvero, dalle 8 fino alle 20 e in misura dell'orario medio di attività dei contact center. Agli operatori sono state chieste informazioni sul Covid e, nello specifico, sulla possibilità di mettersi in lista per un tampone presso l'Asl territoriale di riferimento. Detto questo, e al di là del dato evidenziato nella breve ricerca, è necessario precisare che abbiamo simulato il comportamento di un qualunque cittadino che, in presenza di sintomi sospetti e non riuscendo a contattare il proprio medico di base, attinge ai numeri indicati sul sito del ministero della Salute. Infine, va detto che le testimonianze raccolte non hanno la pretesa di verità assoluta ma sono da intendersi come "spie" indicative l'inadeguatezza della rete assistenziale in un momento critico come quello che stiamo attraversando.

Nessuna risposta

Nella categoria dei "non pervenuti all'appello" si collocano Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Toscana, Piemonte, Sicilia e Valle d'Aosta. A seguito di svariati tentativi è stato pressoché impossibile stabilire un contatto con l'operatore. Il numero per l'emergenza in Abruzzo è di sola voce registrata e, dopo poco più di un minuto, la telefonata si interrompe. Lo stesso accade in Basilicata dove, successivamente all'annuncio di rito, seguono dei minuti di inquietante silenzio. Di male in peggio in Campania: il nastro fa riferimento "alla nuova epidemia Coronavirus in Cina" poi, il telefono squilla a vuoto per 15 minuti finché non decidiamo di riagganciare. "Sovraccarico" perenne delle linee per la regione Lazio dove il senso di smarrimento è totale. Stesso andazzo per il Piemonte in cui i 10 minuti di attesa sono accompagnati da un motivetto di 3 note a ripetizione che finiscono in un nulla di fatto. In Toscana e Valle d'Aosta in numeri di emergenza sono attivi in modalità "part-time" visto che dopo le 15 non è più possibile parlare con un operatore. Chiude il cerchio la Sicilia dove per "non perdere la priorità acquisita" c'è il rischio che finisca la pandemia.

Il numero "fantasma" delle Marche

Nell'elenco fornito dal ministero, per le Marche non è presente alcun contatto di riferimento. A quel punto, abbiamo immaginato che ulteriori informazioni fossero presenti sul sito della Regione. Ed effettivamente sì, ci sono. Ma di un eventuale numero per l'emergenza Covid neanche l'ombra. Scorrendo al fondo della pagina, però, viene indicato quello della sede regionale: chiamiamo. L'operatrice che aggancia la telefonata, gentilissima e cortese, ci dice che "quel numero è stato disattivato a maggio". Straniti dalla risposta chiediamo le motivazioni del disservizio dal momento che la pandemia sembrerebbe ancora in corso. La signora, che colpa non ha se non quella farsi carico delle irresponsabilità altrui, ribadisce ancora una volta: "è stato disattivato a maggio". Un numero fantasma?

Il dilemma del Molise

Ci sono poi quelle Regioni che fanno caso a sé stante come il Molise. Sì, perché non è neanche chiaro se all'altro capo del telefono ci sia un operatore del call center o qualcuno messo lì a ricevere le chiamate. Dopo solo due squilli risponde una signora – la chiamata è stata fatta verso le 18,30 – che a gentile richiesta di informazioni sul Covid dice che "gli uffici sono chiusi" poi ci abbandona ad un interminabile jingle fino a quando non siamo noi a riagganciare. Di dubbi tanti, di certezze nessuna. Uno solo il dilemma: di che uffici parlava?

I numeri operativi

In tutto questo gran trambusto di canzonette e silenzi, però, quei casi in cui la risposta è stata più che soddisfacente. Tra le regioni "promosse" vi sono Liguria, Calabria, Emilia Romagna, Umbria, Puglia, Sardegna, Veneto e Provincia Autonoma di Bolzano. Oltre a fornire indicazioni sul comportamento da mantenere in caso di sintomi sospetti, gli operatori sono in grado di offrire valide alternative qualora si avesse la necessità di fare un tampone e nell'eventualità in cui non fosse possibilità di contattare il medico di base. Scongiurando all'unisono iniziative personali, quali recarsi autonomamente al pronto soccorso ad esempio, il suggerimento è quello di interfacciarsi con il Dipartimento di Prevenzione territoriale o rivolgersi al medico di guardia. Ovviamente i tempi di attesa sono piuttosto lunghi ma, in ogni caso, rincuora sapere che non si è abbandonati al proprio destino. Una buona notizia, no?

In Lombardia i "medici di base sono spariti"

Nulla da eccepire sul servizio in Lombardia. La telefonata è stata accolta in non più di dieci secondi da quando la voce registrata ha smesso di elencare le misure da rispettare in caso di sintomi sospetti. Ma la criticità da evidenziare è un altra. Alla richiesta di poter eseguire un tampone, in considerazione dell'impossibilità a contattare il medico di base, l'operatore ci suggerisce di telefonare alla guardia medica. Fin qui, nulla di strano. Se non fosse che poco dopo rivela trattarsi di una circostanza molto diffusa. "Passo le giornate a rispondere a telefonate di questo tipo. - spiega - Ci sono molte persone che lamentano di non riuscire a contattare il proprio medico. Non capisco cosa stia succedendo, sembrano che siano spariti". Che i cosiddetti medici di famiglia fossero irreperibili, in realtà, non è una notizia dell'ultim'ora. La scorsa settimana, Mario Balzanelli, presidente Società italiana Sistema 118 aveva denunciato la falla nella rete di risposta territoriale all'emergenza. "Non filtrano i casi lievi" aveva dichiarato nel corso di una intervista a La Nazione. Dato per certo che una spiegazione ci sarà sicuramente, sarebbe interessante sapere qual è. Insomma, dove sono finiti?

Tamponi "impossibili" nella provincia Autonoma di Trento

La chiamata viene filtrata dalla Protezione Civile. Non appena l'operatore ci risponde esponiamo il problema. Veniamo prontamente informati del fatto che il Dipartimento di Prevenzione "fa fatica a rispondere" a tutte le richieste in quanto "oberatissimo di lavoro". I tempi di attesa stimati per la presa in carico della richiesta per un tampone supererebbero addirittura i 5 giorni. "Purtroppo è un problema diffuso qui in Friuli. - spiega l'operatrice - Il Dipartimento dà priorità ai sintomatici e ai casi urgenti. Riceviamo telefonate di persone che aspettano di essere ricontattate da più di 5 giorni". L'alternativa sarebbe quella di rivolgersi ad struttura privata ma i costi, si sa, "sono esosi".

Il 1500

È il numero unico per l'emergenza operativo dallo scorso 27 febbraio. Chi riceve la chiamata risponde per conto del Ministero della Salute (lavorano in smartworking e ci tengono a precisarlo). I tempi di attesa sono pressoché nulli e un operatore dal tono rassicurante ci tranquillizza subito: "Se non ci sono sintomi, se non ha avuto contatti con una persona positiva e ha seguito tutte le indicazioni, non c'è alcun motivo di richiedere un tampone". Gli manifestiamo il nostro stato di apprensione dal momento che il numero dei contagi sembra in rapida risalita. La risposta seda tutte le preoccupazioni: "Va bene preoccuparsi ma restiamo coi piedi per terra" dice. Insomma, una speranza c'è sempre.

Forse.

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