Cronache

Militari all’asciutto: "Sì all’uso dell’ombrello" (ma nella mano sinistra)

La direttiva della Difesa: i militari potranno ripararsi durante i brevi trasferimenti. "E dovranno pagarselo da soli"

Militari all’asciutto: "Sì all’uso dell’ombrello" (ma nella mano sinistra)

«Vieni dentro che piove!», «Grazie, maresciallo, ma anche qui fuori»... La chiamano «la dura legge dell'ombrello», la chiamavano quantomeno. Perché da poco è stato deciso che anche i militari dell'Esercito in uniforme, in caso di pioggia, potranno usare l'ombrello. Cade quindi un divieto del quale è sempre stato complicato anche ricostruire le ragioni (c'è chi dice che fosse stato introdotto per evitare che i militari avessero un aspetto differente l'uno dall'altro, e c'è chi invece sostiene che fosse stato imposto con l'intento di rendere evidente lo stoicismo maschio degli uomini in divisa). Restano altre curiose proibizioni come l'impossibilità di condurre un cane al guinzaglio o di portare con sé zaini o borse personali o anche di tenere oggetti nelle tasche. Ecco, tutto questo e altro ancora, resta inibito. Ma d'ora in poi i militari in divisa, sotto il diluvio, potranno ripararsi come tutti noi. Ad altri Corpi era già stato consentito in precedenza, ad altri solo in determinate circostanze, ai militari dell'Esercito solamente ora.

La cosa esilarante, però, sono le pedisseque descrizioni riportate, con tanto di disegni, nella circolare dello Stato Maggiore dell'Esercito, per spiegare di che genere, numero e caso debba essere questo benedetto ombrello e, soprattutto, come e quando usarlo. Non si sa se tanta dovizia di particolari sia dovuta al fatto che siamo in Italia o al fatto che il documento è rivolto all'Esercito. Intanto la grande premessa è che il personale militare ne faccia uso «in caso di tempo piovoso». Poi si passa a specifiche più puntuali, per esempio, si legge «il manufatto deve essere tenuto, in ogni circostanza, con la mano sinistra al fine di consentire il saluto militare»; «L'uso è consentito durante il percorso casa-lavoro o per brevi trasferimenti (esempio in pausa pranzo), oppure a diporto, quando liberi dal servizio con le previste uniformi».
Parecchio buffo è che, tra i divieti, venga specificato di non usare l'ombrello «durante lo svolgimento di servizi armati e non» o «con l'uniforme da combattimento».

Prima però un avviso fondamentale: «L'ombrello, il cui eventuale acquisto è a cura del singolo militare senza oneri aggiuntivi per l'amministrazione...». Poi si passa alle caratteristiche che il «manufatto» deve tassativamente rispettare, «dovrà essere di foggia classica e rispettare le seguenti specifiche: colore nero in tinta unita; assenza di qualunque segno distintivo (marchi o disegni); struttura resistente e antivento; impugnatura di colore nero/legno in tinta unita; montatura (telaio a stecche e bastone) di color metallo argentato ovvero di color nero».

Come si può vedere, davvero poco è lasciato al libero arbitrio o al gusto personale per essere un oggetto che i militari dovranno pagarsi e, ci par di capire, potranno usare per pochi metri in pochissime circostanze. Chissà se anche quando hanno deciso di munire di ombrelli i marines o gli uomini della marina e dell'aviazione americani, si sono dilungati in tante spiegazioni. O, semplicemente, gli hanno fornito un riparo dalla pioggia con tanto di bandiera Usa stampata sopra e hanno lasciato che le cose facessero il proprio corso dando per scontato che lo avrebbero aperto con la pioggia e lo avrebbero posato qualora nell'altra mano avessero impugnato un M4. «God bless America». In realtà, i nostri militari non hanno proprio nulla da invidiare a qualcuno. Le barzellette sono uno stanco e abusato clichè sul quale loro per primi hanno imparato a ironizzare, e il burocratese della circolare è di sicuro da attribuire a certe anacronistiche pesantezze italiane.

Ma certo, mai vorremmo che con tutte queste limitazioni, e al contempo con questo eccesso di indicazioni, i militari dell'Esercito finissero col confondersi e con l'aprire l'ombrello solo quando non piove.

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