Caro Massimo, io razzista? Tu progressista improvvisato

Io, da parte mia, continuo a non essere razzista: non contro i popoli, non contro le persone

Caro Massimo, io razzista? Tu progressista improvvisato
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Massimo Fini è un vecchio amico. Non è cattivo, ma il tempo ha trasformato il suo vino in aceto. È un uomo intelligente, e l'intelligenza a volte gioca brutti scherzi: ti fa credere di poter offendere senza sporcarti le mani. Gli voglio bene lo stesso, sono mitridatizzato alla sua bile.

Questa volta, sul Fatto Quotidiano, dove si esercita nel ruolo di anziano talebano libertino, mi ha definito a freddo "razzista antropologico". L'espressione suona impegnativa ma non significa nulla: è solo un modo elegante per dire "mi stai antipatico".

Mi diverte che un libertario come lui, dopo aver esaltato Nietzsche come profeta del superuomo, cada nella più vecchia trappola del moralismo: accusare gli altri di immoralità.

In realtà, Fini è un bastian contrario di professione. E adesso è bastian contrario anche di se stesso. Lo ricordo quando inveiva contro il politicamente corretto, le censure del pensiero, la paura di dire la verità. Oggi, invece, brandisce la parola "razzista" come un manganello. La usa da bravo progressista improvvisato, convinto che l'insulto morale sia più efficace di un argomento.

Io, da parte mia, continuo a non essere razzista: non contro i popoli, non contro le persone. Disprezzo soltanto la stupidità, che è la più diffusa tra le etnie conosciute. Se dire che gli uomini non sono tutti uguali per capacità, gusto e dignità è razzismo, allora sì, sono colpevole. Ma non mi pento.

Massimo sa bene che la mia vita e i miei articoli sono sempre stati dalla parte della libertà. Anche della sua. Lo lascio dunque nel suo paradosso, dove è più a suo agio: metà filosofo, metà guascone, sempre in bilico tra un elogio e una bastonata.

Se vorrà bersi un caffè con me, sarò felice di offrirglielo. Ma dovrà guardarmi negli occhi. (Ah, dimenticavo: lui è un po' cieco, dice, e io un po' zoppo, dicono).

Massimo caro, litigare tra vecchi è patetico, non ti fa sentire più vivo. C'è anche del buon whisky sul tavolo.

Vittorio Feltri

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