Coronavirus

Conte dice no alle Messe. L'ira della Cei: "Violate le libertà di culto"

La Cei attacca il premier Conte per il mancato sblocco delle Messe con il popolo. Un comunicato al vetriolo della Cei rompe l'armonia tra le parti

Conte dice no alle Messe. L'ira della Cei: "Violate le libertà di culto"

Questa volta la Cei ha tuonato. L'obiettivo non è tanto il premier Giuseppe Conte in sè, quanto il fatto, la decisione, che le Messe col popolo siano ancora vietate. Sì, anche nella fase 2, per via del pericolo relativo agli assembramenti. La decisione dell'esecutivo presieduto da Conte, che ora dovrà far fronte alla rimostranze dei vescovi, è stata comunicata poco fa.

Tutto lasciava intendere che questa fase, la seconda del quadro pandemico, consentisse le celebrazioni. Qualche polemica da parte cattolica era stata sollevata. Papa Francesco aveva ricordato come quella odierna non potesse essere definita la "vera Chiesa". Pure Bergoglio, insomma, aveva fatto l'esempio di come da altre parti, per esempio in Argentina, alcuni sacerdoti avessero trovato il modo di far partecipare i fedeli. Mascherine e distanziamento sociale sembravano la chiave di volta. L

a Chiesa avrebbe voluto tornare se stessa. Se non altro perché adesso è impossibilitata sui sacramenti, che sono il cuore della dottrina cristiano-cattolica, oltre che una urgenza spirituale. Almeno per chi crede. Si era anche parlato di trattativa tra vescovi e governo inerente al ripristino di una semi-normalità per le celebrazioni. I cattolici certi che dal 4 maggio sarebbero potuti tornare in chiesa come popolo partecipante alle funzioni non erano pochi. Ma la doccia fredda è ufficiale: non sarà così.

La nota della Cei è durissima: "IVescovi italiani - ha fatto sapere l'episcopato del Belpaese - non possono accettare di vedere compromesso l'esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale". La Chiesa italiana non è lo Stato italiano.

L'Ecclesia ha un'organizzazione e delle necessità diverse. I vescovi lo hanno rimarcato, scrivendo un richiamo sul "dovere di distinguere tra la loro responsabilità (quelle delle autorità esecutive, ndr), dare indicazioni precise di carattere sanitario, e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia".

La Messa di Cremona, quella per cui un sacerdote è stato multato, ha forse rappresentato uno spartiacque: il cardinal Angelo Becciu ha ricordato come nessuna autorità abbia la facoltà di sospendere una Messa in corso. E il livello dello scontro si era alzato. Ma adesso i ferri appaiono davvero corti.

La conclusione della nota della Cei non lascia spazio a troppe interpretazioni: "Dovrebbe essere chiaro a tutti - hanno chiosato i presuli, così come riportato dall'Adnkronos -che l'impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale". Il governo, però, non sembra essere affatto in linea con la visione dell'episcopato italiano. E il popolo, ancora per un po', non potrà partecipare alle Messe, che continueranno ad essere celebrate solo con la presenza degli "accoliti" ed in streaming.

Le protesta hanno forse prodotto un effetto: nella tarda serata di oggi, è arrivata una nota stampa da Palazzo Chigi, in cui si legge quanto segue: "La presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza". Nessuna novità sostanziale per ora.

Ma il governo sta studiando un protocollo.

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