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Chi tocca Rousseau finisce sempre male

Chi tocca Rousseau finisce sempre male

L a testa di Luigi Di Maio è il prezzo pagato per chiudere la guerra dei gruppi parlamentari contro Davide Casaleggio. Uno scambio tra le due anime del Movimento per siglare la tregua: Di Maio molla la guida del Movimento, Casaleggio jr blinda l'associazione Rousseau, il vero cuore del potere economico e politico grillino.

È lo scenario in cui sarebbe maturato il passo indietro dell'ex capo politico dei Cinque stelle. C'è una data da segnare in rosso: il 9 gennaio 2020. Per la prima volta, un gruppo di senatori (Primo Di Nicola, Emanuele Dessì, Mattia Crucioli) mette nero su bianco il malcontento nei confronti dell'associazione Rousseau. È la miccia che fa esplodere la bomba. Si moltiplicano interviste e dichiarazioni contro Casaleggio jr. Il documento dei senatori contesta non solo la guida politica del Movimento ma la gestione (secondo i senatori poco trasparente) di fondi (300 euro versati all'associazione), restituzione degli stipendi, candidature e linea politica.

In quel momento sarebbe partita la trattativa. Di Maio o Casaleggio? Uno dei due deve passare la mano. Molla il ministro degli Esteri. Casaleggio è salvo. E con lui tesoretto e struttura di comando. C'è da scommettere che ora in avanti, il sistema Rousseau non sarà più sotto il fuoco dei dissidenti.

Cosa chiedono gli anti-Casaleggio? Il primo capo d'accusa è l'obbligo per i parlamentari di versare un contributo mensile di 300 euro nelle casse dell'associazione presieduta dal figlio del fondatore del Movimento. Facendo un veloce calcolo: ogni mese entrano 67.800 euro. Che equivalgono a 813.600 euro l'anno e, nel caso in cui la legislatura duri cinque anni, a poco più di quattro milioni di euro. Obbligo assunto nel momento dell'accettazione della candidatura da parte dei futuri onorevoli. Soldi che servono per finanziare le piattaforme tecnologiche (controllate da Casaleggio) che supportano l'attività dei gruppi e dei singoli parlamentari.

Ma nessuno ha il potere di verificare come vengano spesi i soldi. E dunque, nelle settimane scorse è stata avanzata la richiesta di sospendere il versamento dei 300 euro. Un colpo durissimo per le casse dell'associazione Rousseau.

Secondo capo d'accusa: le eccedenze delle restituzioni. I soldi (un minino di 2mila euro), che mensilmente i parlamentari grillini versano sul conto privato intestato a Di Maio, Patuanelli e D'Uva, finiscono, se non spesi, sui conti di Rousseau. Su questo passaggio c'è un'apertura da parte dei vertici grillini: la proposta è di bloccare il versamento delle eccedenze a Casaleggio.

Terzo capo d'accusa: il potere politico di Casaleggio. Candidature, alleanze, organizzazione (e finanziamento) degli eventi, costruzione dei quesiti e scelta del capo: tutte le decisioni vengono filtrate dalla piattaforma gestita da Rousseau. Il vero punto oscuro: nessuno sa chi siano realmente gli attivisti che votano. E dunque nasce un sospetto: Casaleggio è in grado di condizionare le consultazioni?

Insomma, quando la guerra interna al Movimento ha investito il sistema Casaleggio, la poltrona di Di Maio ha iniziato a ballare davvero. Dopo tentennamenti, veleni e schizzi di fango, il ministro degli Esteri è uscito di scena. La cravatta dell'ex leader è finita nella teca dei ricordi del M5s, negli uffici di Montecitorio. Casaleggio ha tirato un sospiro di sollievo.

E c'è stato chi fino alla fine ha tentato di convincere Di Maio a non mollare: i fedelissimi (Fraccaro, Castelli, Di Stefano) la notte prima delle dimissioni spingono per un'altra soluzione: «Lascia la Farnesina ma resta capo politico». Ma sarebbe stato troppo pericoloso per Casaleggio.

Intanto ieri è ufficialmente iniziata l'era Crimi: il reggente ha incontrato i capigruppo di Camera e Senato. Nelle prossime ore sarà annunciato il nuovo capo delegazione dei Cinque stelle nel governo.

Mentre martedì è fissata la prima riunione congiunta dei gruppi parlamentari.

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