Cronache

"Ci sono gli antifascisti". Vietato ricordare la strage partigiana

Un consigliere comunale vuole portare un fiore alle vittime dell'eccidio di Schio, il questore gli prescrive di andare da solo. In piazza ci saranno gli antifa

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È la notte tra il 6 e il 7 luglio del 1945. La guerra mondiale è finita da oltre due mesi, il fascismo sepolto insieme a Mussolini. Ma le scorie della guerra civile continuano a ribollire sotto la cenere. A Schio, piccolo paesino nel Vicentino, il carcere brulica di un centinaio di presunti fascisti che il comandante inglese, cui è affidata la gestione della cittadina, sembra intenzionato a liberare in assenza di accuse precise. In paese non tutti concordano. Schio è un triangolo di terra dove la guerra ha picchiato forte. Un partigiano, Giacomo Bagotto, venne torturato e seviziato dalle Brigate Nere prima di essere seppellito vivo senza occhi nelle orbite. Non lontano da lì, a Pedescala, sempre nel ’45, i nazisti uccisero 82 persone in rappresaglia ad un raid partigiano. Il clima è infuocato, odio chiama odio. Eppure dietro le sbarre non ci sono seviziatori, camicie nere, stupratori o assassini del regime mussoliniano. Solo notabili locali, donne, invalidi, casalinghe, barbieri, un 17enne e diverse donne. Una ventina di loro ha aderito a Salò, la maggior parte è del tutto estranea alle vicende politiche. Quella notte, però, un commando di partigiani decide di farsi “giustizia” da solo. I sicari sono una dozzina, tutti giovanissimi. Irrompono nel carcere di Schio, compiono una selezione sommaria di “fascisti” e ammazzano 54 persone senza pietà. Tra loro ci sono 15 donne, barbaramente trucidate. A guerra finita.

Settantasei anni dopo, quella ferita sanguina ancora. Sanguina a tal punto che “l’eccidio di Schio” ogni anno rinfocola polemiche e aspri dissapori. Nel 2016 provocò scalpore la consegna della medaglia d’oro Valentino Bortoloso, nome di battaglia "Teppa", condannato a morte (pena commutata in ergastolo e poi amnistiata) come autore del massacro. Quest’anno invece pietra dello scandalo è un semplice, banale fiore. Quello che Alex Cioni, consigliere comunale di centrodestra e membro della direzione provinciale di FdI, avrebbe voluto portare di fronte all’ex carcere mandamentale. “Nel 2021 non sono libero di depositare un fiore alle ex carceri - racconta al Giornale.it - senza ricevere una vergognosa notifica dalla questura vicentina”. Il Questore, infatti, gli ha inviato una “prescrizione” che lo invita a realizzare l’iniziativa “senza la partecipazione di altre persone” e “a titolo prettamente individuale”. Il tutto, spiega il consigliere, “possibilmente in orario non serale”. E così, almeno per oggi, dovrà riporre il fiore. Nessun ricordo per le vittime.

“Alle autorità avevo assicurato che quest'anno non ci sarebbe stata alcuna iniziativa in modo da evitare di dare il pretesto ai facinorosi della sinistra di scendere in piazza”, dice Cioni. In passato infatti la cerimonia ha spesso provocato tensioni, nonostante nel 2015 sia stato firmato il "patto della Concordia" tra assassini e familiari delle vittime. Anno scorso, per dire, centri sociali e antagonisti sono arrivati agli scontri fisici con la polizia. “Ho fatto sapere che sarei andato all'ex carcere solo per depositare i fiori nel cortile interno. Ne avevo parlato pure con il sindaco”. Ma niente da fare. Nella notifica il questore ritiene che l’iniziativa avrebbe potuto “attirare l’attenzione” dei gruppi antifascisti, causando problemi di ordine pubblico. E così il paradosso è che, nel giorno dell’eccidio, in piazza ci saranno “manifestazioni di opposto orientamento ideologico”, cioè di sinistra, mentre il consigliere comunale dovrà restare a casa. Di più: gli è fatto "divieto" di "portarsi in altro luogo ove siano previste iniziative di altro segno politico". Certo, Cioni non ha formalizzato richieste ufficiali di riunioni in luogo pubblico, ma - dice lui - l’intenzione era solo quella di deporre un fiore. Magari accompagnato da un paio di colleghi di partito. Niente di più. “Trovo scandaloso – sottolinea – che ad un cittadino vengano imposte delle prescrizioni per deporre un mazzo di fiori all'interno di un edificio pubblico comunale, mentre nel contempo si autorizza una manifestazione che ha il chiaro obiettivo di ostacolare un semplice quanto civile gesto in memoria delle vittime. Quest’anno si palesa ancora più chiaramente chi sono coloro che speculano sull'eccidio per ragioni di tornaconto politico.

Sono l'Anpi, il centro sociale Arcadia e i consiglieri comunali di Coalizione civica”.

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