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La classe media salverà l'Occidente

C'è un'immagine che arriva da Carbis Bay, in Cornovaglia. Mario Draghi e Boris Johnson sono sulla spiaggia e si scambiano il gomito, braccio contro braccio, con il saluto del tempo della pandemia, e sembrano due ragazzi in attesa dell'estate.

La classe media salverà l'Occidente

C'è un'immagine che arriva da Carbis Bay, in Cornovaglia. Mario Draghi e Boris Johnson sono sulla spiaggia e si scambiano il gomito, braccio contro braccio, con il saluto del tempo della pandemia, e sembrano due ragazzi in attesa dell'estate. È una delle tante fotografie che racconta il G7, il gruppo dei sette, il vertice che riunisce i governi di Usa, Gran Bretagna, Canada, Giappone, Germania, Francia e Italia. Carbis è un punto sull'Atlantico, con i vicoli segnati dai muri di pietra che vanno su e si arroccano alla vetta. Qualcuno potrebbe vederci il ritratto dell'Occidente. Se c'è una cosa che i «sette» sembrano avere capito è che bisogna tornare a guardare il mare. È il momento di avere coraggio. Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, dice che bisogna tornare a immaginare un mondo migliore. Messa così sembra solo una frase retorica, e magari lo è, però fissa un punto che in questo incrocio della storia è davvero fondamentale. I «sette» non possono pensare di andare avanti sulla stessa strada. Serve una svolta. La due parole che tornano sono «coesione sociale». Le evoca Boris Johnson: «Dobbiamo imparare dagli errori nel passato». Le dice in chiaro Mario Draghi, invitando tutti a cogliere l'attimo, perché le economie si stanno riprendendo e non è il momento di tornare a politiche troppo austere. «Con Biden - dice il capo di governo italiano - siamo d'accordo su molti temi: donne, giovani, difesa degli ultimi, diritti umani, diritti civili, diritti sociali e tutela dell'ambiente, che è il tema chiave della nostra presidenza del G20».

Bisogna crescere e capire perché da troppo tempo si fa invece fatica. Questo ha a che fare con quella che un tempo veniva chiamata «classe media». In Occidente, anno dopo anno, si è frantumata, impoverita, smarrita, fino a scivolare sempre più giù, perdendo ogni certezza. La «classe media» non si riconosce, non vede un futuro. È impaurita. È persa e si nutre sempre più di rabbia e frustrazione. La pandemia ha finito per buttare giù tutti quelli che non avevano uno scudo statale. È così che la massa dei senza speranza si è allargata, trascinando nella slavina soprattutto i giovani e le donne. Le conseguenze sociali sono facili da prevedere. La prima ha a che fare con il sistema economico. Non puoi produrre se no non hai chi consuma. Chi non arriva a fine mese cerca semplicemente di sopravvivere. Chi non è al limite preferisce, per paura e scetticismo, mettere da parte: risparmia e non spende. Tutto questo avviene mentre a Oriente si è affermato un anomalo «capitalismo di Stato», dove libertà e democrazia non sono valori riconosciuti e fondamentali. La beffa però è che la Cina, e le altre economie emergenti, stanno puntando proprio sulla «classe media» per dare vigore alla propria crescita. È una classe media più povera di quella occidentale, che non solo comincia ad avere una propria identità ma ha pure una certa fiducia nel futuro. Stanno, da diversi punti di vista, molto peggio, ma sentono di poter migliorare la propria posizione. Hanno una prospettiva.

Ora il modello cinese è quello che preoccupa «i sette». Questo «capitalismo senza libertà», nato da una costola del comunismo maoista, colpisce il cuore della civiltà liberal-democratica. Questo tema è al centro dei discorsi in Cornovaglia. Non si è mai parlato così tanto di cosa fare e come rispondere all'espansione cinese. Non sono questioni lontane, perché hanno proprio a che fare con il nostro futuro prossimo. È il «come saremo» tra venti o trent'anni. Sulla risposta «i sette» si stanno spaccando. Sono arrivati perfino a discutere in modo piuttosto brusco. Chiusura o dialogo? Biden, Johnson, Trudeau e Macron sono per la linea dura, Merkel e Draghi per cercare in qualche modo un'intesa.

Non è che Draghi si sia improvvisamente convertito alle ragioni di Pechino. Non è neppure paura. Draghi ha ribadito la sua cultura profondamente atlantica ed europea. Il suo discorso è in realtà più sottile. Il punto centrale di questa storia non è il rapporto con la Cina. È chiaro che lì ci sono problemi, ma prima di affrontarli bisogna fare i conti con se stessi. Cosa sta accadendo in Europa e in America? L'origine della debolezza è interna. Se sempre un maggior numero di persone viene abbandonata alla paura e alla frustrazione la democrazia va in frantumi. È il tradimento, e la cecità, delle élites che sta rendendo fragile l'Occidente. È questa la sfida più urgente e viene perfino prima dei rapporti con la Cina. Prima di alzare i muri esterni bisogna buttare giù quelli interni. È questa la svolta che Draghi chiede al G7: riformare il welfare, dare una speranza ai disperati e ricostruire una classe media.

È così che la Cina si allontana.

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