Condividi et impera

Eccola. È la parola più finta del gran ballo del Quirinale. «Condivisa». Candidatura condivisa, scelta condivisa, soluzione condivisa. È un'illusione, una bugia

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Eccola. È la parola più finta del gran ballo del Quirinale. «Condivisa». Candidatura condivisa, scelta condivisa, soluzione condivisa. È un'illusione, una bugia, il velo di ipocrisia che ricorre nei vertici della sinistra, nella liturgia del Pd, nei sermoni di Enrico Letta e di chi gli sta vicino. Solo che questa «condivisione» non c'è e non c'è mai stata. Non appartiene per storia e per cultura a chi da sempre pretende di far passare la parte per il tutto. È solo una figura retorica. È uno strano caso di moralismo costruito intorno a una sineddoche. Noi siamo l'assoluto. Sarebbe quasi da psicanalizzare. Come mai la sinistra è convinta che i suoi desideri siano gli unici condivisibili? Tutto il resto è divisivo, sgrammaticato, se non eticamente riprovevole. Si può partecipare alla comunità soltanto se si accetta, chiedendo per favore, il loro punto di vista. È l'invenzione della minoranza qualificata, una democrazia dove non tutti i voti hanno lo stesso peso. In qualche modo lo hanno anche teorizzato, soprattutto quando in ballo ci sono le elezioni politiche e torna il rammarico per il suffragio universale.

L'approccio non cambia neppure per la scelta del presidente della Repubblica. Si vede con chiarezza in questi giorni. Qualsiasi nome che arriva dall'altra parte, cioè dal centrodestra, viene valutato con un'alzata di spalle, con sufficienza. Non fa neppure rumore. La grancassa è stata riservata a Berlusconi, ma il suo passo indietro non aprirà la strada a una mediazione. I nomi considerati autorevoli saranno solo quelli che il Pd riconosce in qualche modo come suoi. L'idea di un capo di Stato di «destra» verrà considerata inopportuna. Attenzione a questo aggettivo. È un'altra chiave per interpretare il moralismo della cultura di sinistra. Opportuno ha preso il posto di legittimo, solo che apre le porte all'arbitrio. Qualcosa è illegittima, non si può fare, sulla base di regole ben definite. È inopportuna significa che è vietata perché, di fatto, non piace alla sinistra. Tutto ciò che viene da destra non si può definire per legge illegittimo, ma viene comunque sconfessato perché inopportuno. È con questo aggettivo in pratica che si pone un limite partigiano alle dinamiche imponderabili della democrazia.

Finora il centrodestra ha faticato a sovvertire questo gioco. Non riesce a sfuggirgli. Questa era l'occasione per farlo. Il rischio che non accada sta diventando sempre più alto. È l'equazione irrisolta della condivisione impossibile.

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