Coronavirus

Coronavirus, l'allarme sui contagi: "Troviamo un caso su 10"

Il capo della protezione civile, Angelo Borrelli, appare preoccupato. I conti non tornano. E fa sapere: "I malati sarebbero molti di più di quelli verificati"

Coronavirus, l'allarme sui contagi: "Troviamo un caso su 10"

I numeri piangono. Già, perché il conto dei contagiati non torna. Angelo Borrelli, capo della protezione civile, rilascia oggi un’intervista a Corrado Zunino su Repubblica. Afferma che il coronavirus Sars-Cov-2 e Covid-19 viaggiano a un ritmo più veloce della nostra burocrazia. E nonostante si sia verificato un rallentamento, per il secondo giorno consecutivo, della ciurma dei malati, non bisogna abbassare la guardia.

I veri numeri sono messi in dubbio. E il commissario dice che il rapporto di dieci a uno è credibile. Spieghiamo meglio: esistono dieci casi non censiti per ogni contagio da coronavirus certificato. Per il capo della protezione civile questo è un rapporto, come abbiamo detto, "credibile". "Il numero dei casi lombardi è stato subito soverchiante e fin dall’inizio, va detto, ci sono stati comportamenti pubblici che hanno alimentato il problema nazionale. Come nel caso della comitiva del Lodigiano che il 23 febbraio è andata a Ischia portando il contagio sull’isola".

Massimo Galli, primario del dipartimento Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ha la stessa teoria: "Temo che l’ipotesi di Borrelli possa essere molto vicino alla realtà, anche se non abbiamo dati sicuri per poterlo dire, ma i contagiati sono molti di più di quelli registrati ufficialmente", dice ad Agorà su Rai3. La protezione civile, aggiunge Borrelli, ha bisogno di rapidità.

"Perché non siamo burocrati, ma come si diceva nel 1915, volontari del Regno che devono godere della fiducia dei governanti e della nazione". Poi chiosa: "Sulle mascherine siamo arrivati tardi". Alla domanda su quanti siano davvero i contagiati, 63mila o di più, Borrelli risponde che il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile, ciò che porterebbe la quota a un numero impressionante di 600mila. Ma allora, ha senso continuare a dare i dati sul numero dei positivi ogni giorno alle 18?

All’interrogativo il capo della protezione civile fa sapere: "Mi sono posto anch’io il problema e ricevo molte mail che mi chiedono di fermarci. Possono essere dati imperfetti - prosegue Borrelli - ma dal primo giorno ho assicurato che avrei detto la verità. È un impegno che ho preso con il Paese". Poi aggiunge: "Se ora ci fermiamo ci accuserebbero di nascondere le cose". Ma le domande non sono finite. C'è tempo per un ulteriore conta. Sette giorni e supereremo i contagi della Cina, il Paese dove il problema coronavirus è nato. "La proiezione matematica è quella, non me lo sarei mai aspettato", dice Borrelli.

Dati inquietanti. Questo particolare fa capire che, nella fase iniziale del contagio italiano, sono stati commessi alcuni errori.

Lui però nega: "Il 31 gennaio questo governo ha dichiarato lo stato di emergenza e bloccato i voli da e per la Cina, mi sembra che abbiamo compreso subito che questa epidemia era una cosa seria".

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