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Coronavirus, ecco cosa sappiamo della variante inglese

Cosa si sa della variante inglese del coronavrus? L'Europa chiude le sue frontiere con il Regno Unito e da oltremanica cercano di dare le prime risposte

Coronavirus, ecco cosa sappiamo della variante inglese

Mentre un pesante cordone sanitario sta chiudendo l’Inghilterra colpita dalla mutazione del coronavirus (il B.1.1.7) pochissime notizie trapelano dalle agenzie giornalistiche internazionali dopo la conferenza stampa del governo britannico di sabato scorso. Il ceppo non è la prima nuova variante che si presenta quest’anno ma, diversamente dagli altri, possiede tra il 40 e il 70% in più di trasmissibilità. Era stato rilevato per la prima volta a settembre in un focolaio a sud dell’isola, ma dal 9 di dicembre ha avuto un improvviso incremento triplicando i casi di ospedalizzazione di settimana in settimana e diventando in meno di un mese il ceppo dominante nel Regno Unito (specie a Londra e nella adiacente contea del Kent). Secondo i dati riportati dall’agenzia Reuters anche i governi di Australia, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Italia hanno dichiarato di aver rilevato casi del nuovo ceppo in dicembre. Ecco alcune risposte che provengono da oltremanica.

È preoccupante?

Non va sottovalutato. Il nuovo ceppo non è più pericoloso dell’originale ma possiede 23 mutazioni nel suo codice genetico che ne influenzano la capacità di diffusione e il grado di trasmissibilità. Secondo le dichiarazioni fatte dalle fonti governative inglesi la principale preoccupazione è il tasso di riproduzione che renderebbe difficile il controllo della pandemia.

La variante si è sviluppata solo in Inghilterra?

Nella conferenza stampa di sabato il consigliere scientifico del governo britannico, Patrick Vallance, ha dichiarato che la nuova variante potrebbe essere iniziata proprio nel Regno Unito anche se altri scienziati europei, hanno sottolineato che l’esperienza britannica nella sorveglianza genomica e delle mutazioni (testano geneticamente tra il 5% e il ​​10% di tutti i campioni raccolti) abbia potuto facilitare l’identificazione prima di altri paesi.

Esistono altre varianti del virus?

Sì. Negli ultimi mesi sono emersi diversi ceppi del virus che causano il COVID-19 - come in Sud Africa, Spagna, Danimarca e altri Paesi - che però finora non hanno creato particolari allarmi. Soprattutto non è stata rilevata nessuna mutazione che possa rendere il virus più mortale o resistente ai trattamenti o ai vaccini.

Come influisce sui test?

L'Association for Clinical Biochemistry & Laboratory Medicine di Londra ha rilevato che una delle mutazioni della nuova variante colpisce uno dei tre bersagli gonomici utilizzati da alcuni test molecolari e ciò può influire sulla loro capacità di rilevare il virus. Va detto, però, che i test PCR rilevano più di un gene target e una singola mutazione può modificare solo in parte il risultato del test.

I vaccini saranno in grado di proteggerci da questa variante?

Per ora gli scienziati affermano che non ci siano prove che i vaccini Covid non proteggano da questa variante e ritengono improbabile che ne riducano l’efficacia.

I ricercatori della Leicester University hanno dichiarato che nella proteina spike delle diverse mutazioni del virus finora non si sono verificati cambiamenti tali da rendere inadeguata la risposta immunitaria indotta dal vaccino.

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