Sono passati due mesi dal primo caso di coronavirus registrato a Vo' Euganeo (Padova) e lo "studio di Vo'", che riporta i risultati dell’analisi condotta da un team di epidemiologi coordinati dall'infettivologo Andrea Crisanti, mostra risultati interessanti. Dopo la prima vittima, le autorità regionali hanno imposto il lockdown sul territorio per 14 giorni. Nel frattempo, come riporta il Corriere della Sera, i ricercatori hanno raccolto dati su demografia, sintomi, ricoveri, rete di contatti e presenza dell'infezione attraverso tamponi fatti a quasi tutti i cittadini (all'85,9% degli abitanti al primo turno e al 71,5% al secondo). In particolare, al primo turno a inizio lockdown è stata rilevata la presenza dell'infezione nel 2.6% delle persone, mentre nel secondo giro a fine isolamento nell'1.2%.
L'analisi dei test ha mostrato che il 43.2% dei casi confermati attraverso i tamponi era asintomatici. "Non abbiamo trovato grandi differenze a livello statistico nella carica virale tra le persone sintomatiche e quelle asintomatiche", hanno spiegato i ricercatori. Tracciando i contatti dei casi positivi e ricostruendo quindi la catena della tramissione del virus, gli studiosi hanno poi notato che molte delle infezioni rilevate nel corso della seconda ondata di tamponi si erano avute nella comunità prima del lockdown o dai casi asintomatici che vivevano nella stessa abitazione. Nelle scorse settimane, i medici di base avevano lanciato l'allarme proprio sui contagi all'interno del nucleo familiare. Lo studio di Vo' fa così "nuova luce sulla frequenza delle infezioni asintomatiche e della loro contagiosità, dando nuovi indizi sulla rivelabilità ed efficacia delle misure di controllo implementate", hanno spiegato i ricercatori.
Un altro importante aspetto rilevato dallo studio riguarda il rapporto tra coronavirus e bambini. Sono stati infatti testati 234 bambini da 0 a 10 anni e nessuno di essi è risultato positivo al virus. È da specificare però che solo 13 di loro vivevano in famiglie con casi di positività. "Ciò non significa che possiamo concludere che i bambini non rischiano di ammalarsi", hanno precisato gli studiosi sottolineando che "i test sierologici chiariranno meglio anche come si articola l'infezione nei bimbi". Per quanto riguarda invece la fascia di persone under 50 il dato dell’infezione oscilla attorno all'1,2%, mentre tra i più anziani le percentuali sono maggiori.
Lo
studio, coordinato dall'infettivologo Crisanti e svolto dall'Imperial College e dall'Università di Padova, è stato pubblicato su MedRxiv, il sito che raccoglie i lavori non ancora validati dalla comunità scientifica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.