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Corsa al vaccino. La rivincita dei quarantenni

Avere quarant'anni e sentirli tutti. Questi quindici lunghi mesi di privazioni e clausure forzate, s'intende. E riprendersi tutto in una notte, davanti a una piattaforma online per la prenotazione del vaccino.

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Avere quarant'anni e sentirli tutti. Questi quindici lunghi mesi di privazioni e clausure forzate, s'intende. E riprendersi tutto in una notte, davanti a una piattaforma online per la prenotazione del vaccino. A portata di clic c'è la prima dose di speranza, la possibilità di riconquistare quello che sembrava smarrito. Nel mezzo del cammin di nostra vita - siamo pur sempre nell'anno dantesco - è una gara a volere riveder le stelle. Davvero ci stupiamo, allora, se 500mila lombardi nel primo giorno di prenotazioni hanno già preso appuntamento con il ritorno alla vita?

Finalmente è arrivato il loro turno, per gli uomini e le donne nati dal 1972 al 1981. Una generazione in perenne attesa di ciò che non le è ancora concesso. Perché tocca sempre a chi c'era prima, i genitori e i nonni, altrimenti c'è da sacrificarsi per chi verrà dopo, i figli. Con un pizzico di meritato egoismo, i quarantenni stavolta fanno un passo avanti. E dimostrano di non essere né «indifferenti» né «sdraiati», l'unica categoria che può ingabbiarli è quella anagrafica degli hub vaccinali. Che paradosso: in parte esclusi per legge dal servizio militare obbligatorio, hanno ubbidito senza problemi al generale Figliuolo. Vale la pena, eccome, rivedere i programmi per le vacanze estive, in cambio di un biglietto per la libertà. Libertà di tornare a bere un aperitivo con gli amici senza ritrovarsi con il senso di colpa da pericolosi irresponsabili, di viaggiare senza dover chiedere il permesso, di tornare a fare sport senza patemi d'animo, di togliersi di dosso quel freno a lanciarsi in nuovi incontri, amori, avventure. Momenti di non più trascurabile felicità, insomma. Perché l'ambito «passaporto vaccinale» non è soltanto un pezzo di carta o un codice sul telefonino, ma il certificato immateriale della ripartenza. Un lasciapassare per il futuro. Non è stato difficile convincerli, i quarantenni. Financo superflue le campagne di moral suasion in nome della prevenzione. Padri, madri, lavoratori, disoccupati: sono tutti cintura nera di «clic day», molti di loro hanno aspettato per mesi qualsiasi tipo di aiuto che non arrivava mai (dai primi ristori per le partite Iva ai bonus bebé fino a quelli per una bicicletta), tanto che un'iniezione da qui a venti giorni pare un risarcimento immediato. Nessuna distinzione capziosa tra questo o quel vaccino, sono pronti a mettersi in coda per una fiala di AstraZeneca, Pfizer, Moderna o J&J. Sanno che non è l'ora di fare gli schizzinosi. Si fidano e si affidano. Non significa che non abbiano dubbi o che non si pongano delle domande, però hanno già trovato le risposte nell'analisi dei costi-benefici di esporsi ulteriormente al rischio. Le varianti della terza ondata hanno colpito anche loro, i «produttivi» per eccellenza, gli smart workers a oltranza per volontà altrui. Ora le quattro pareti di casa stanno strette, i muri vanno presi a picconate. Sui social e nelle chat tra coetanei è un susseguirsi di date e orari, punti di partenza di una stagione diversa. L'estate c'entra fino a un certo punto, è in ballo un riscatto di più ampia portata. L'età di mezzo si sente finalmente coccolata, per una volta con loro lo Stato promette e poi mantiene.

I quarantenni di oggi forse non avranno una pensione garantita, ma si rigirano tra le mani gli estremi di una prenotazione speciale come fosse un'assicurazione sulla vita che ricomincia.

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