Da una parte la necessità di garantire l'esigenze spirituali dei fedeli, dall'altra le logiche di parte: ieri mattina Papa Francesco ha ridimensionato le richieste sulla Messe della Conferenza episcopale italiana.
Dietro questa mossa, con buone probabilità, si nasconde soprattutto una ratio politica. Partiamo dal principio. Mentre scriviamo, le Messe con il popolo risultano ancora vietate. Il governo di Giuseppe Conte è stato inamovibile. In queste ore, vengono ventilate delle ipotesi, ma la realtà per ora è questa. Dopo il discorso di Conte sulla cosiddetta "fase 2", la Cei ha diramato una nota stampa molto dura. I presuli italiani, in sintesi, hanno scritto che il governo non può "arrogarsi" il diritto di decidere sulle funzioni religiose. Uno scontro evidente, che si stava consumando per la prima volta dall'insediamento del governo giallorosso.
Poi però Papa Francesco ha corretto il tiro dell'episcopato italiano: i cattolici devono obbedire alle disposizioni - ha detto il pontefice argentino - . Dunque niente Messa con il popolo, con buona pace dei vescovi che avevano appena iniziato a battagliare. La domanda sorge spontanea: cosa si nasconde in questa differenza di vedute? Lo stesso Jorge Mario Bergoglio, in una delle sue recenti omelie, era sembrato preoccupato per le esigenze spirituali dei fedeli: Francesco aveva ricordato che questa del quadro pandemico, quella senza sacramenti e senza Messa con il popolo, non è la "Chiesa vera". Una linea che sembrava fare premessa alle rimostranze dei vescovi. Non era così. Forse, per comprendere il perché della posizione papale, bisogna cercare all'interno degli equilibri tra il Vaticano e la politica italiana. L'edizione odierna de La Verità racconta di come il cosidetto "cerchio magico" di Papa Francesco non voglia vedere incrinati i rapporti con il governo giallorosso.
Ambientalismo, gestione dei fenomeni migratori, assistenzialismo: i punti di contratto tra la sinistra ecclesiastica ed il governo presieduto da Giuseppe Conte non sono pochi. E poi c'è un'altra considerazione da fare: sono i cosiddetti "sovranisti" che spingono affinché il popolo possa tornare a presenziare durante le Messe. Assecondare quelle istanze, insomma, significa omologarsi al messaggio politico di leader che, fino a questo momento, sono stati considerati soprattutto alla stregua di avversari.
Il retroscena è credibile. Se non altro perché consacrati come padre Antonio Spadaro o padre Bartolomeo Sorge non hanno mai nascosto le loro preoccupazioni per l'avvento del disegno sovranista. Le "sardine" - come sapete - sono state pubblicamente elogiate da buona parte dell'episcopato italiano, proprio per via della loro spiccata natura anti-sovranista. E questo fattore - quello ideologico - rischia di divenire centrale anche in questa storia riguardante le Messe.
Rinunciare alle funzioni religiose, insomma, pur di non concedere la ragione alla parte avversa. Sarà davvero così? Di sicuro c'è che il Papa ha frenato la Cei, che invece pareva pronta allo scontro frontale con il governo.
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