I l problema non è solo che sono drogati. È che sono impreparati, sono dei bambini-adulti che si affacciano alla vita da inetti, incapaci di affrontare non solo le sofferenze e le sfide ma anche le banali avversità della vita quotidiana. La droga è una conseguenza, non è una causa. Ed è una conseguenza che ovviamente amplifica tutto, ne porta con sé altre in una reazione a catena che non conosce argini. Se la gran parte delle volte non si finisce in tragedia è perché regge ancora una rete di sostegno: una nonna, una maestra, una vicina che coglie i segni del dramma incombente e non gira la testa dall'altra parte. Allora, in un modo o nell'altro, vengono messi in salvo o almeno protette le vittime predestinate: i bambini, i cuccioli d'uomo che invece in queste case dell'orrore divengono lo sfogatoio più ovvio della violenza. Punching ball in carne umana di cui sarebbe troppo straziante immaginare la richiesta d'amore davanti alle urla, l'incredulità sotto le percosse. Ailija Hrustic e Nicholas Musi, i due padri assassini di Milano e di Novara, hanno storie diverse, contesti diversi. Ma li unisce l'anagrafe, il fare parte di una generazione fatua. Due generazioni fa si lottava per ottenere, una generazione fa si pretendeva senza lottare. Questi sono peggio perché non hanno neanche la forza di desiderare davvero qualcosa, altrimenti il concetto - se non la pratica - dello sforzo e del sacrificio farebbe in qualche modo parte del loro orizzonte. E così si rifugiano in finti desideri, galleggiano su simulacri di obiettivi dove si desidera farsi una famiglia con la stessa profondità con cui si punta al nuovo modello di smartphone. Lo sballo della cannabis e della cocaina è la musica di fondo ideale per l'inettitudine di queste vite. L'infanticidio fa parte della storia umana, e ad Annamaria Franzoni non servì la droga per commettere il suo delitto.
Ma se oggi a uccidere sono i maschi - a volte il papà, a volte il succedaneo paterno di turno nelle case di una madre single - lo stordimento da cocaina è solo il detonatore. Non sanno affrontare nulla, perché dovrebbero sopportare il pianto di un bambino?
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